Informatore Interparrocchiale di: Chiugiana-Ellera-Olmo-Fontana-Perugia email:santamariadellasperanzaperugia@gmail.com
domenica 29 aprile 2012
sabato 28 aprile 2012
Pillole di Parola a cura di Cristina Rossini
IV DOMENICA
DI PASQUA
29 Aprile 2012
MONIZIONE AMBIENTALE
Per questo
solo Lui è la pietra angolare e l’unica salvezza.
Quel Gesù
morto e risorto al quale diciamo di credere, è il pastore delle nostre anime e
del grande popolo di Dio raccolto nell’unità della Chiesa. Come il pastore
raduna le sue pecore così ci conduce ai pascoli della vita.
La stessa forza scaturita dalla Pasqua abbiamo lasciato che travolgesse anche noi? Ma soprattutto, siamo convinti che Cristo è l’unica nostra salvezza?
Tutti i
cristiani sono realmente figli di Dio, dice Giovanni. Questo significa che
oltre che comprendere che Lui si comporta con noi come un vero Padre, noi
dovremmo comportarci come dei veri figli, nell’attesa di incontrarlo in forma
definitiva e pienamente rivelata.
Paragonandosi
ad un buon pastore, Gesù si rivela ai suoi discepoli di allora e a noi oggi
come colui che è pronto a dare la sua vita per tutti. Come il vero pastore non
vive senza le sue pecore, così un gregge non può esistere senza il suo pastore.
Lui ci conosce personalmente e instaura con noi un rapporto unico e singolare,
un vero rapporto d’amore che lo porta al dono della sua stessa vita.
martedì 24 aprile 2012
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA XLIX GIORNATA MONDIALE
DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI
29 APRILE 2012 - IV DOMENICA DI PASQUA
Tema: Le vocazioni dono della Carità di Dio
Cari fratelli e sorelle!
la XLIX Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, che sarà celebrata il 29 aprile 2012, quarta domenica di Pasqua, ci invita a riflettere sul tema: Le vocazioni dono della Carità di Dio.
La fonte di ogni dono perfetto è Dio Amore - Deus caritas est -: «chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» (1 Gv 4,16). La Sacra Scrittura narra la storia di questo legame originario tra Dio e l’umanità, che precede la stessa creazione. San Paolo, scrivendo ai cristiani della città di Efeso, eleva un inno di gratitudine e lode al Padre, il quale con infinita benevolenza dispone lungo i secoli l’attuarsi del suo universale disegno di salvezza, che è disegno d’amore. Nel Figlio Gesù - afferma l’Apostolo - Egli «ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità» (Ef 1,4). Noi siamo amati da Dio “prima” ancora di venire all’esistenza! Mosso esclusivamente dal suo amore incondizionato, Egli ci ha “creati dal nulla” (cfr 2Mac 7,28) per condurci alla piena comunione con Sé.
Preso da grande stupore davanti all’opera della provvidenza di Dio, il Salmista esclama: “Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi?” (Sal 8,4-5). La verità profonda della nostra esistenza è, dunque, racchiusa in questo sorprendente mistero: ogni creatura, in particolare ogni persona umana, è frutto di un pensiero e di un atto di amore di Dio, amore immenso, fedele, eterno (cfr Ger 31,3). La scoperta di questa realtà è ciò che cambia veramente la nostra vita nel profondo. In una celebre pagina delle Confessioni, sant’Agostino esprime con grande intensità la sua scoperta di Dio somma bellezza e sommo amore, un Dio che gli era stato sempre vicino, ma al quale finalmente apriva la mente e il cuore per essere trasformato: “Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me, e non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace” (X, 27.38). Con queste immagini, il Santo di Ippona cerca di descrivere il mistero ineffabile dell’incontro con Dio, con il Suo amore che trasforma tutta l’esistenza.
Si tratta di un amore senza riserve che ci precede, ci sostiene e ci chiama lungo il cammino della vita e ha la sua radice nell’assoluta gratuità di Dio. Riferendosi in particolare al ministero sacerdotale, il mio predecessore, il Beato Giovanni Paolo II, affermava che «ogni gesto ministeriale, mentre conduce ad amare e a servire la Chiesa, spinge a maturare sempre più nell’amore e nel servizio a Gesù Cristo Capo, Pastore e Sposo della Chiesa, un amore che si configura sempre come risposta a quello preveniente, libero e gratuito di Dio in Cristo» (Esort. ap. Pastores dabo vobis, 25). Ogni specifica vocazione nasce, infatti, dall’iniziativa di Dio, è dono della Carità di Dio! È Lui a compiere il “primo passo” e non a motivo di una particolare bontà riscontrata in noi, bensì in virtù della presenza del suo stesso amore «riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo» (Rm 5,5).
In ogni tempo, alla sorgente della chiamata divina c’è l’iniziativa dell’amore infinito di Dio, che si manifesta pienamente in Gesù Cristo. Come ho scritto nella mia prima Enciclica Deus caritas est, «di fatto esiste una molteplice visibilità di Dio. Nella storia d’amore che la Bibbia ci racconta, Egli ci viene incontro, cerca di conquistarci - fino all’Ultima Cena, fino al Cuore trafitto sulla croce, fino alle apparizioni del Risorto e alle grandi opere mediante le quali Egli, attraverso l’azione degli Apostoli, ha guidato il cammino della Chiesa nascente. Anche nella successiva storia della Chiesa il Signore non è rimasto assente: sempre di nuovo ci viene incontro - attraverso uomini nei quali Egli traspare; attraverso la sua Parola, nei Sacramenti, specialmente nell’Eucaristia» (n. 17).
L’amore di Dio rimane per sempre, è fedele a se stesso, alla «parola data per mille generazioni» (Sal 105,8). Occorre, pertanto, riannunciare, specialmente alle nuove generazioni, la bellezza invitante di questo amore divino, che precede e accompagna: esso è la molla segreta, è la motivazione che non viene meno, anche nelle circostanze più difficili.
Cari fratelli e sorelle, è a questo amore che dobbiamo aprire la nostra vita, ed è alla perfezione dell’amore del Padre (cfr Mt 5,48) che ci chiama Gesù Cristo ogni giorno! La misura alta della vita cristiana consiste infatti nell’amare “come” Dio; si tratta di un amore che si manifesta nel dono totale di sé fedele e fecondo. Alla priora del monastero di Segovia, in pena per la drammatica situazione di sospensione in cui egli si trovava in quegli anni, San Giovanni della Croce risponde invitandola ad agire secondo Dio: «Non pensi ad altro se non che tutto è disposto da Dio; e dove non c’è amore, metta amore e raccoglierà amore» (Epistolario, 26).
Su questo terreno oblativo, nell’apertura all’amore di Dio e come frutto di questo amore, nascono e crescono tutte le vocazioni. Ed è attingendo a questa sorgente nella preghiera, con l’assidua frequentazione della Parola e dei Sacramenti, in particolar modo dell’Eucaristia, che è possibile vivere l’amore verso il prossimo nel quale si impara a scorgere il volto di Cristo Signore (cfr Mt 25,31-46). Per esprimere il legame inscindibile che intercorre tra questi “due amori” – l’amore verso Dio e quello verso il prossimo - scaturiti dalla medesima sorgente divina e ad essa orientati, il Papa San Gregorio Magno usa l’esempio della pianticella: «Nel terreno del nostro cuore [Dio] ha piantato prima la radice dell’amore verso di Lui e poi si è sviluppato, come chioma, l’amore fraterno» (Moralium Libri, sive expositio in Librum B. Job, Lib. VII, cap. 24, 28; PL 75, 780D).
Queste due espressioni dell’unico amore divino, devono essere vissute con particolare intensità e purezza di cuore da coloro che hanno deciso di intraprendere un cammino di discernimento vocazionale verso il ministero sacerdotale e la vita consacrata; ne costituiscono l’elemento qualificante. Infatti, l’amore per Dio, di cui i presbiteri e i religiosi diventano immagini visibili - seppure sempre imperfette - è la motivazione della risposta alla chiamata di speciale consacrazione al Signore attraverso l’Ordinazione presbiterale o la professione dei consigli evangelici. Il vigore della risposta di san Pietro al divino Maestro: «Tu lo sai che ti voglio bene» (Gv 21,15), è il segreto di una esistenza donata e vissuta in pienezza, e per questo ricolma di profonda gioia.
L’altra espressione concreta dell’amore, quello verso il prossimo, soprattutto verso i più bisognosi e sofferenti, è la spinta decisiva che fa del sacerdote e della persona consacrata un suscitatore di comunione tra la gente e un seminatore di speranza. Il rapporto dei consacrati, specialmente del sacerdote, con la comunità cristiana è vitale e diventa anche parte fondamentale del loro orizzonte affettivo. Al riguardo, il Santo Curato d’Ars amava ripetere: «Il prete non è prete per sé; lo è per voi» (Le curé d’Ars. Sa pensée – Son cœur, Foi Vivante, 1966, p. 100).
Cari Fratelli nell’episcopato, cari presbiteri, diaconi, consacrati e consacrate, catechisti, operatori pastorali e voi tutti impegnati nel campo dell’educazione delle nuove generazioni, vi esorto con viva sollecitudine a porvi in attento ascolto di quanti all’interno delle comunità parrocchiali, delle associazioni e dei movimenti avvertono il manifestarsi dei segni di una chiamata al sacerdozio o ad una speciale consacrazione. È importante che nella Chiesa si creino le condizioni favorevoli affinché possano sbocciare tanti “sì”, quali generose risposte alla chiamata di amore di Dio.
Sarà compito della pastorale vocazionale offrire i punti di orientamento per un fruttuoso percorso. Elemento centrale sarà l’amore alla Parola di Dio, coltivando una familiarità crescente con la Sacra Scrittura e una preghiera personale e comunitaria attenta e costante, per essere capaci di sentire la chiamata divina in mezzo a tante voci che riempiono la vita quotidiana. Ma soprattutto l’Eucaristia sia il “centro vitale” di ogni cammino vocazionale: è qui che l’amore di Dio ci tocca nel sacrificio di Cristo, espressione perfetta di amore, ed è qui che impariamo sempre di nuovo a vivere la “misura alta” dell’amore di Dio. Parola, preghiera ed Eucaristia sono il tesoro prezioso per comprendere la bellezza di una vita totalmente spesa per il Regno.
Auspico che le Chiese locali, nelle loro varie componenti, si facciano “luogo” di attento discernimento e di profonda verifica vocazionale, offrendo ai giovani e alle giovani un saggio e vigoroso accompagnamento spirituale. In questo modo la comunità cristiana diventa essa stessa manifestazione della Carità di Dio che custodisce in sé ogni chiamata. Tale dinamica, che risponde alle istanze del comandamento nuovo di Gesù, può trovare eloquente e singolare attuazione nelle famiglie cristiane, il cui amore è espressione dell’amore di Cristo che ha dato se stesso per la sua Chiesa (cfr Ef 5,32). Nelle famiglie, «comunità di vita e di amore» (Gaudium et spes, 48), le nuove generazioni possono fare mirabile esperienza di questo amore oblativo. Esse, infatti, non solo sono il luogo privilegiato della formazione umana e cristiana, ma possono rappresentare «il primo e il miglior seminario della vocazione alla vita di consacrazione al Regno di Dio» (Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 53), facendo riscoprire, proprio all’interno della famiglia, la bellezza e l’importanza del sacerdozio e della vita consacrata. I Pastori e tutti i fedeli laici sappiano sempre collaborare affinché nella Chiesa si moltiplichino queste «case e scuole di comunione» sul modello della Santa Famiglia di Nazareth, riflesso armonico sulla terra della vita della Santissima Trinità.
Con questi auspici, imparto di cuore la Benedizione Apostolica a voi, Venerati Fratelli nell’episcopato, ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi, alle religiose e a tutti i fedeli laici, in particolare ai giovani e alle giovani che con cuore docile si pongono in ascolto della voce di Dio, pronti ad accoglierla con adesione generosa e fedele.
Dal Vaticano, 18 ottobre 2011 - BENEDETTO XVI
DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI
29 APRILE 2012 - IV DOMENICA DI PASQUA
Tema: Le vocazioni dono della Carità di Dio
Cari fratelli e sorelle!
la XLIX Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, che sarà celebrata il 29 aprile 2012, quarta domenica di Pasqua, ci invita a riflettere sul tema: Le vocazioni dono della Carità di Dio.
La fonte di ogni dono perfetto è Dio Amore - Deus caritas est -: «chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» (1 Gv 4,16). La Sacra Scrittura narra la storia di questo legame originario tra Dio e l’umanità, che precede la stessa creazione. San Paolo, scrivendo ai cristiani della città di Efeso, eleva un inno di gratitudine e lode al Padre, il quale con infinita benevolenza dispone lungo i secoli l’attuarsi del suo universale disegno di salvezza, che è disegno d’amore. Nel Figlio Gesù - afferma l’Apostolo - Egli «ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità» (Ef 1,4). Noi siamo amati da Dio “prima” ancora di venire all’esistenza! Mosso esclusivamente dal suo amore incondizionato, Egli ci ha “creati dal nulla” (cfr 2Mac 7,28) per condurci alla piena comunione con Sé.
Preso da grande stupore davanti all’opera della provvidenza di Dio, il Salmista esclama: “Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi?” (Sal 8,4-5). La verità profonda della nostra esistenza è, dunque, racchiusa in questo sorprendente mistero: ogni creatura, in particolare ogni persona umana, è frutto di un pensiero e di un atto di amore di Dio, amore immenso, fedele, eterno (cfr Ger 31,3). La scoperta di questa realtà è ciò che cambia veramente la nostra vita nel profondo. In una celebre pagina delle Confessioni, sant’Agostino esprime con grande intensità la sua scoperta di Dio somma bellezza e sommo amore, un Dio che gli era stato sempre vicino, ma al quale finalmente apriva la mente e il cuore per essere trasformato: “Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me, e non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace” (X, 27.38). Con queste immagini, il Santo di Ippona cerca di descrivere il mistero ineffabile dell’incontro con Dio, con il Suo amore che trasforma tutta l’esistenza.
Si tratta di un amore senza riserve che ci precede, ci sostiene e ci chiama lungo il cammino della vita e ha la sua radice nell’assoluta gratuità di Dio. Riferendosi in particolare al ministero sacerdotale, il mio predecessore, il Beato Giovanni Paolo II, affermava che «ogni gesto ministeriale, mentre conduce ad amare e a servire la Chiesa, spinge a maturare sempre più nell’amore e nel servizio a Gesù Cristo Capo, Pastore e Sposo della Chiesa, un amore che si configura sempre come risposta a quello preveniente, libero e gratuito di Dio in Cristo» (Esort. ap. Pastores dabo vobis, 25). Ogni specifica vocazione nasce, infatti, dall’iniziativa di Dio, è dono della Carità di Dio! È Lui a compiere il “primo passo” e non a motivo di una particolare bontà riscontrata in noi, bensì in virtù della presenza del suo stesso amore «riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo» (Rm 5,5).
In ogni tempo, alla sorgente della chiamata divina c’è l’iniziativa dell’amore infinito di Dio, che si manifesta pienamente in Gesù Cristo. Come ho scritto nella mia prima Enciclica Deus caritas est, «di fatto esiste una molteplice visibilità di Dio. Nella storia d’amore che la Bibbia ci racconta, Egli ci viene incontro, cerca di conquistarci - fino all’Ultima Cena, fino al Cuore trafitto sulla croce, fino alle apparizioni del Risorto e alle grandi opere mediante le quali Egli, attraverso l’azione degli Apostoli, ha guidato il cammino della Chiesa nascente. Anche nella successiva storia della Chiesa il Signore non è rimasto assente: sempre di nuovo ci viene incontro - attraverso uomini nei quali Egli traspare; attraverso la sua Parola, nei Sacramenti, specialmente nell’Eucaristia» (n. 17).
L’amore di Dio rimane per sempre, è fedele a se stesso, alla «parola data per mille generazioni» (Sal 105,8). Occorre, pertanto, riannunciare, specialmente alle nuove generazioni, la bellezza invitante di questo amore divino, che precede e accompagna: esso è la molla segreta, è la motivazione che non viene meno, anche nelle circostanze più difficili.
Cari fratelli e sorelle, è a questo amore che dobbiamo aprire la nostra vita, ed è alla perfezione dell’amore del Padre (cfr Mt 5,48) che ci chiama Gesù Cristo ogni giorno! La misura alta della vita cristiana consiste infatti nell’amare “come” Dio; si tratta di un amore che si manifesta nel dono totale di sé fedele e fecondo. Alla priora del monastero di Segovia, in pena per la drammatica situazione di sospensione in cui egli si trovava in quegli anni, San Giovanni della Croce risponde invitandola ad agire secondo Dio: «Non pensi ad altro se non che tutto è disposto da Dio; e dove non c’è amore, metta amore e raccoglierà amore» (Epistolario, 26).
Su questo terreno oblativo, nell’apertura all’amore di Dio e come frutto di questo amore, nascono e crescono tutte le vocazioni. Ed è attingendo a questa sorgente nella preghiera, con l’assidua frequentazione della Parola e dei Sacramenti, in particolar modo dell’Eucaristia, che è possibile vivere l’amore verso il prossimo nel quale si impara a scorgere il volto di Cristo Signore (cfr Mt 25,31-46). Per esprimere il legame inscindibile che intercorre tra questi “due amori” – l’amore verso Dio e quello verso il prossimo - scaturiti dalla medesima sorgente divina e ad essa orientati, il Papa San Gregorio Magno usa l’esempio della pianticella: «Nel terreno del nostro cuore [Dio] ha piantato prima la radice dell’amore verso di Lui e poi si è sviluppato, come chioma, l’amore fraterno» (Moralium Libri, sive expositio in Librum B. Job, Lib. VII, cap. 24, 28; PL 75, 780D).
Queste due espressioni dell’unico amore divino, devono essere vissute con particolare intensità e purezza di cuore da coloro che hanno deciso di intraprendere un cammino di discernimento vocazionale verso il ministero sacerdotale e la vita consacrata; ne costituiscono l’elemento qualificante. Infatti, l’amore per Dio, di cui i presbiteri e i religiosi diventano immagini visibili - seppure sempre imperfette - è la motivazione della risposta alla chiamata di speciale consacrazione al Signore attraverso l’Ordinazione presbiterale o la professione dei consigli evangelici. Il vigore della risposta di san Pietro al divino Maestro: «Tu lo sai che ti voglio bene» (Gv 21,15), è il segreto di una esistenza donata e vissuta in pienezza, e per questo ricolma di profonda gioia.
L’altra espressione concreta dell’amore, quello verso il prossimo, soprattutto verso i più bisognosi e sofferenti, è la spinta decisiva che fa del sacerdote e della persona consacrata un suscitatore di comunione tra la gente e un seminatore di speranza. Il rapporto dei consacrati, specialmente del sacerdote, con la comunità cristiana è vitale e diventa anche parte fondamentale del loro orizzonte affettivo. Al riguardo, il Santo Curato d’Ars amava ripetere: «Il prete non è prete per sé; lo è per voi» (Le curé d’Ars. Sa pensée – Son cœur, Foi Vivante, 1966, p. 100).
Cari Fratelli nell’episcopato, cari presbiteri, diaconi, consacrati e consacrate, catechisti, operatori pastorali e voi tutti impegnati nel campo dell’educazione delle nuove generazioni, vi esorto con viva sollecitudine a porvi in attento ascolto di quanti all’interno delle comunità parrocchiali, delle associazioni e dei movimenti avvertono il manifestarsi dei segni di una chiamata al sacerdozio o ad una speciale consacrazione. È importante che nella Chiesa si creino le condizioni favorevoli affinché possano sbocciare tanti “sì”, quali generose risposte alla chiamata di amore di Dio.
Sarà compito della pastorale vocazionale offrire i punti di orientamento per un fruttuoso percorso. Elemento centrale sarà l’amore alla Parola di Dio, coltivando una familiarità crescente con la Sacra Scrittura e una preghiera personale e comunitaria attenta e costante, per essere capaci di sentire la chiamata divina in mezzo a tante voci che riempiono la vita quotidiana. Ma soprattutto l’Eucaristia sia il “centro vitale” di ogni cammino vocazionale: è qui che l’amore di Dio ci tocca nel sacrificio di Cristo, espressione perfetta di amore, ed è qui che impariamo sempre di nuovo a vivere la “misura alta” dell’amore di Dio. Parola, preghiera ed Eucaristia sono il tesoro prezioso per comprendere la bellezza di una vita totalmente spesa per il Regno.
Auspico che le Chiese locali, nelle loro varie componenti, si facciano “luogo” di attento discernimento e di profonda verifica vocazionale, offrendo ai giovani e alle giovani un saggio e vigoroso accompagnamento spirituale. In questo modo la comunità cristiana diventa essa stessa manifestazione della Carità di Dio che custodisce in sé ogni chiamata. Tale dinamica, che risponde alle istanze del comandamento nuovo di Gesù, può trovare eloquente e singolare attuazione nelle famiglie cristiane, il cui amore è espressione dell’amore di Cristo che ha dato se stesso per la sua Chiesa (cfr Ef 5,32). Nelle famiglie, «comunità di vita e di amore» (Gaudium et spes, 48), le nuove generazioni possono fare mirabile esperienza di questo amore oblativo. Esse, infatti, non solo sono il luogo privilegiato della formazione umana e cristiana, ma possono rappresentare «il primo e il miglior seminario della vocazione alla vita di consacrazione al Regno di Dio» (Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 53), facendo riscoprire, proprio all’interno della famiglia, la bellezza e l’importanza del sacerdozio e della vita consacrata. I Pastori e tutti i fedeli laici sappiano sempre collaborare affinché nella Chiesa si moltiplichino queste «case e scuole di comunione» sul modello della Santa Famiglia di Nazareth, riflesso armonico sulla terra della vita della Santissima Trinità.
Con questi auspici, imparto di cuore la Benedizione Apostolica a voi, Venerati Fratelli nell’episcopato, ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi, alle religiose e a tutti i fedeli laici, in particolare ai giovani e alle giovani che con cuore docile si pongono in ascolto della voce di Dio, pronti ad accoglierla con adesione generosa e fedele.
Dal Vaticano, 18 ottobre 2011 - BENEDETTO XVI
domenica 22 aprile 2012
Festa del perdono
La Prima Riconciliazione con il Signore
Festa del perdono
21 Aprile 2012 Santa Maria della Speranza-Olmo-Perugia
Abbiamo vissuto oggi con i bambini del catechismo di terza la Prima Riconciliazione, la festa del perdono. Questa tappa è un momento importante nel cammino dell’Iniziazione Cristiana che i bambini vivono nel percorso catechistico, ed è il preludio alla Prima Comunione, che sarà l’anno prossimo.
I bambini si sono preparati con l’incontro di stamattina, e con le loro catechiste hanno portato avanti una preparazione approfondita del significato del Sacramento e di come lo si celebra.
La celebrazione di oggi è stata marcata, nella prima parte della giornata, dal racconto rappresentato dai catechisti e dagli animatori parrocchiali sulla parabola della "Pecorella Smarrita". A caratterizzare questa celebrazione è stato il gesto da parte dei genitori di accompagnare i propri figli dai sacerdoti confessori e di recarsi poi a pregare per tutto il tempo della confessione del figlio davanti all’altare dell’SS. Sacramento. Dopo la benedizione e l’abbraccio da parte del sacerdote sono stati, a loro volta, felici di riabbracciarli loro stessi.
Ora il compito di tutta la comunità parrocchiale è quello di aiutarli a non dimenticare questo Sacramento grande e bello!
Grazie, Signore, perché hai fatto sperimentare il tuo perdono e la tua misericordia ai nostri bambini !
Vedi le foto dell’evento.
Pillole di Parola a cura di Cristina Rossini
TERZA
DOMENICA DI PASQUA
22 Aprile 2012
MONIZIONE AMBIENTALE
Grazie a loro noi siamo nati nella fede e grazie a loro la Chiesa è ancora viva.
Ora tocca a noi, trasmettere a chi ci seguirà con la nostra vita lo stesso annuncio di salvezza.
MONIZIONE ALLA PRIMA LETTURA
Pietro accusa i suoi connazionali di aver ucciso l’autore della Vita, ma proclama a loro e a tutti noi che Lui è vivo e soprattutto presente come sorgente di Salvezza per tutti quelli che vorranno ricevere il suo perdono. Se ci si converte a lui non c’è nessuno stato irreparabile di colpa, dopo che Gesù è morto in croce ed è risorto.
MONIZIONE ALLA SECONDA LETTURA
Chi crede nel Signore, con il Battesimo riceve una vita nuova che lo preserva dal peccato, ma quando poi comunque si allontana da Dio non ha motivo di disperare, il Padre ha dato a tutti noi un grande intercessore: Cristo Gesù.
MONIZIONE AL VANGELO
Per riconoscere Gesù in mezzo a noi bisogna abbattere ogni resistenza, solo così, come gli apostoli, lo potremo incontrare, ed accogliere quella Pace che Lui porta, è Lui che sta con noi, è Lui che fa comunione con noi, è Lui che ci apre la mente per poterlo conoscere, è Lui che ci invita ad accogliere il suo perdono e a testimoniarlo al resto del mondo.
sabato 21 aprile 2012
domenica 15 aprile 2012
PILLOLE DI PAROLA a cura di Cristina Rossini
SECONDA DOMENICA DI PASQUA
15 Aprile2012
MONIZIONE AMBIENTALE
La Pasqua di Cristo non è solo un evento della storia, un’esperienza limitata nello spazio e nel tempo; il Risorto lo si incontra ancora nel Giorno del Signore che è il ritrovarsi domenicale per celebrare l’Eucaristia con tutta la comunità. Così il vangelo di oggi ci presenta due apparizioni del Signore che avvengono appunto di domenica. Per tutto il tempo di Pasqua mediteremo sull’irruzione del Cristo vittorioso nella vita dei discepoli e della comunità cristiana da allora fino ad oggi.
MONIZIONE ALLA PRIMA LETTURA
Il libro degli Atti degli apostoli, ritratto esemplare della chiesa delle origini, esalta la virtù dell’amore, un amore efficace, impegnato ed operativo. I membri delle prime comunità non consideravano nulla come proprio, ma ogni cosa era di tutti e quello che si ricavava dal lavoro dei singoli veniva affidato ad un fondo comune. Loro vivono un’esperienza sociale assolutamente originale per la ragione e lo spirito che anima quel progetto. Tutto ha le sue radici nell’esperienza della Pasqua.
MONIZIONE ALLA SECONDA LETTURA
Se crediamo in Cristo siamo figli di Dio, questo ci dice Giovanni nella sua prima lettera, e questo si deve vedere nell’attenzione che rivolgiamo ai fratelli. Anche noi dobbiamo concretizzare l’irruzione del Risorto nella nostra vita riconoscendo in chi ci vive accanto un fratello. La risurrezione ci deve far vedere gli altri uomini con occhi diversi. Tutto questo è reso possibile perché noi siamo figli di Dio e possiamo vincere il mondo con le sue paure e i suoi limiti.
MONIZIONE AL VANGELO
La fede è l’argomento centrale del vangelo di oggi, anche quando è faticosa e debole come quella di Tommaso, lui non si fida fino in fondo, lui per credere deve vedere e toccare. Cristo esige da lui e da tutti noi di essere riconosciuto non solo come Maestro e Messia, ma come Figlio di Dio inviato dal Padre per salvare l’umanità, cioè la professione di fede piena. Gesù esalta anche un’altra fede alla quale destina una beatitudine, è quella di coloro che credono in modo totale, puro, libero, senza il condizionamento del vedere e del toccare.
sabato 7 aprile 2012
Guida per i Ministranti
Guida per i ministranti
VEGLIA PASQUALE
: : Cos'è
In questa celebrazione si rivive, attraverso varie letture, tutta la storia della salvezza, dalla creazione, fino alla risurrezione di Gesù. Nella veglia del Sabato Santo, si celebra il centro della nostra fede: la risurrezione di Gesù dalla morte e il dono per tutti della vita senza fine.
: : Cosa bisogna preparare.
— In sacrestia: gli abiti del Sacerdote: amitto, camice o alba. stola e casula bianche: le più belle, preziose e solenni che si abbiano a disposizione: gli abiti del diacono: amitto, camice o alba, stola diaconale bianca: le più bella, preziosa e solenne che si abbia a disposizione; quadro comandi: microfono acceso e tutte le luci spente.
— In presbiterio: sull'altare: la tovaglia distesa e i ceri spenti: di fianco all'ambone: candelabro per il Cero Pasquale; in luogo visibile: (generalmente davanti all'altare) bacinella per la benedizione dell'acqua: sulla credenza: leggio per il messale e tutto l'occorrente per la Messa. Se vi fosse il Battesimo: rito del Battesimo, sacro Crisma. conchiglia o piccolo recipiente per versare l'acqua sul capo di chi deve essere battezzato. veste bianca, bacinella con limone e sapone per sgrassare le mani dopo l'uso del Crisma e secondo asciugamani. Se il rito del Battesimo non si svolge al Battistero: bacile con supporto e acqua da benedire; un tavolino per porvi tutto l'occorrente per il Battesimo.
— Fuori dalla Chiesa: su un tavolino: messale, uno stoppino lungo, turibolo (spento!), navicella, Cero Pasquale spento, vassoio con i grani di incenso da infilare sul Cero Pasquale e stilo di metallo per incidere il Cero Pasquale, le molle da camino o una paletta in metallo per prendere le braci dal braciere; sul sagrato: braciere con il fuoco acceso o falò.
: : Come si struttura la celebrazione e come si serve
— il lucernario: Ci si porta in processione, senza la croce, fuori dalla Chiesa, davanti al falò o al braciere. Il ministrante con il messale si pone davanti al Sacerdote che benedirà il fuoco; poi il Sacerdote inciderà una croce sul cero (portare stilo di metallo e grani di incenso su un vassoio) e lo accenderà con uno stoppino prendendo la fiamma dal fuoco benedetto. Successivamente si porrà il fuoco benedetto nel turibolo (portare: molle da camino o paletta in metallo, turibolo e navicella) quindi il Sacerdote (o il diacono) si porta davanti alla processione, fuori della Chiesa, con il cero acceso, lo eleva e canta o dice ad alta voce: «Cristo luce del mondo». A questo punto davanti al cero si portano turibolo e navicella; dietro al Sacerdote si dispongono i ministranti e dietro a questi la gente. Il Sacerdote, sulla soglia della Chiesa dice ancora: «Cristo luce del mondo»: si accendono i ceri dei fedeli prendendo la fiamma dal Cero Pasquale (e non dagli accendini): è il segno che la luce di Cristo raggiunge ogni uomo. La processione riprende e quando il Sacerdote è davanti all'altare si gira verso i fedeli e proclama ancora: «Cristo, luce del mondo». A questo punto si accendono le luci della Chiesa: restano, invece, sempre spente le candele dell'altare. Si pone il Cero Pasquale nel suo candelabro e lo si incensa (portare turi bolo e navicella). Il Sacerdote (o il diacono o un cantore) si porta all'ambone e incensa il libro con il canto dell'Exultet» (portare il turibolo) e subito dopo lo canta.
Un ministrante, al termine del canto dell'Exultet toglie il libro con il canto (messale o altro libro con la musica del canto) e pone sull'ambone il lezionario.
— Liturgia della Parola: a questo punto si spengono le candele tenute in mano dai fedeli e inizia la Liturgia della Parola. Ogni lettura è preceduta da un'orazione (portare il messale). Terminata l'orazione prima dell'Epistola (Lettera ai Romani) si accendono le candele sull'altare, tutti si alzano e si canta il «Gloria». Al canto dell'Alleluia, come si fa nelle domeniche, si portano il turi bolo e la navicella e si incensa il Vangelo. Dopo il Vangelo c'è l'omelia.
— Liturgia battesimale: al termine dell'omelia, il Sacerdote si reca al battistero, se è ben visibile da tutti. Altrimenti, dopo l'omelia, si pone un bacile di fronte all'altare, dove si svolgerà la liturgia battesimale; si porta anche un tavolino con tutto l'occorrente per il Battesimo. Si cantano o leggono le litanie dei Santi e subito dopo si benedice l'acqua immergendovi il Cero Pasquale (due ministranti aiutano il Sacerdote a togliere il Cero Pasquale dal suo candelabro). Terminata la benedizione dell'acqua. si procede al battesimo dei bambini o degli adulti: un ministrante porta il rituale del Battesimo al Sacerdote e un altro tiene il microfono o porta l'asta con il microfono. Quindi il Sacerdote chiede di rinunciare a Satana e invita a fare la professione di fede. Successivamente si battezzano i bambini o gli adulti (passare al Sacerdote la conchiglia per versare l'acqua sul capo) e si ungono con il Sacro Crisma (portare al Sacerdote il vasetto con il C'risma). Terminata l'unzione si fa la consegna della veste bianca. I genitori vanno al loro posto con i bambini battezzati. 1 ministranti del servizio all'altare lavano le mani al Sacerdote (portare: brocca, bacinella con limone e sapone. asciugamano).
Se non ci fosse il Battesimo si benedice comunque l'acqua lustrale (come per il rito del Battesimo) e si rinnovano le promesse battesimali: il <‘Credo'> in forma di domanda e risposta. Dopo il «Credo» il Sacerdote asperge il popolo con l'acqua benedetta (portare secchiello e aspersorio}.
- Liturgia Eucaristica: tutto procede come al solito.
venerdì 6 aprile 2012
Guida per i Ministranti
Guida per i ministrani
VENERDI SANTO
: : Cos'è
Nel giorno del Venerdì Santo, la Grande Famiglia che è la Chiesa ricorda e rivive la passione e la morte in croce del Signore. Non si celebra l'Eucaristia. ma una liturgia speciale. chiamata «Azione Liturgica». suddivisa in tre momenti: la Liturgia della Parola con la lettura del Passio, tratta dal Vangelo secondo Giovanni: l'adorazione della croce e la comunione eucaristica (fatta con il pane consacrato il giorno precedente).
: : Cosa bisogna preparare
— In sacrestia: gli abiti del Sacerdote: amitto, camice o alba, stola e casula rosse: per il diacono: amitto, camice o alba, stola diaconale e dalmatica rosse: libri del Passio:
portati in processione dai due lettori e dal Sacerdote.
— In presbiterio: l'altare: deve essere senza tovaglia, senza ceri e senza fiori; deposti sulla credenza: tovaglia per l'altare, messale con leggio, corporale, piattello per la comunione; due candelieri da porre di fianco alla croce, una volta scoperta. Sul presbiterio: due leggii per la lettura del Passio; un crocifisso velato: la base per il crocifisso. Nella cappella della reposizione: due candelieri con candele accese e velo omerale.
: : Come si struttura la celebrazione e come si serve
Si arriva all'altare in processione, senza croce né candelieri né turibolo e navicella:i lettori portano in mano i libretti per la lettura del Passio. Arrivati davanti all'altare tutti fanno un inchino; lettori e Sacerdote salgono all'altare dove depositano i libri del Passio, quindi scendono i gradini del presbiterio e si inginocchiano per qualche istante. Poi, lettori, Sacerdote e ministranti salgono in presbiterio per andare ai loro posti. Dopo la seconda lettura, i lettori e il Sacerdote (o diacono) vanno all'altare dove prendono i libretti del Passio; i lettori si recano ai leggii, mentre il Sacerdote (o il diacono) va all'ambone. Terminata la lettura del Passio, i libretti vanno lasciati sui leggii e sull'ambone. Seguono: l'omelia e la preghiera universale. A questo punto il Sacerdote scopre a più riprese il crocifisso velato. Una volta svelato, il crocifisso viene posto al centro dell'altare su una base preparata precedentemente o lo si affida a due ministranti che lo reggono, appoggiandolo a terra. Tutti si inginocchiano per qualche istante in adorazione. Di fianco al crocifisso si collocano due candelieri con candele accese. Successivamente, tutti vanno alla croce per baciarla. Terminato il bacio al crocifisso. due ministranti salgono all'altare sul quale stendono la tovaglia e portano il messale. Intanto il Sacerdote (o il diacono), preceduto da due ministranti con i ceri accesi. va alla cappella della reposizione per prendere il Santissimo. Giunti alla cappella, un ministrante mette sulle spalle del Sacerdote (o diacono) il velo omerale. Si porta l'Eucaristia all'altare e agli angoli dello stesso si depongono i due ceri, prima portati in processione: intanto un ministrante leva il velo omerale dalle spalle del Sacerdote. Seguono i riti di comunione a partire dal «Padre Nostro». Terminata la Comunione, si riporta l'Eucaristia nella cappella della reposizione. Dopo l'orazione finale il Sacerdote e i ministranti tornano in sacrestia.
giovedì 5 aprile 2012
Guida per i Ministranti
Guida per i Ministranti
GIOVEDI SANTO
Cos'è
Con la Messa della Cena del Signore del Giovedì Santo inizia il triduo pasquale che si concluderà con la grande veglia del Sabato Santo. Nella Messa del giovedì sera si da spazio all'istituzione dell'Eucaristia e, dopo il Vangelo, si compie il gesto della lavanda dei piedi, come aveva fatto Gesù agli apostoli.
In sacrestia: gli abiti del Sacerdote: amitto, camice o alba, stola e casula bianche;
per il diacono: amitto, camice o alba, stola diaconale e dalmatica bianche.
In presbiterio deposti sulla credenza: tutto il necessario per la Messa, una bacinella per lavare le mani al Sacerdote dopo la lavanda dei piedi; tre asciugamani; uno per asciugare i piedi, uno per asciugare le mani al Sacerdote dopo la lavanda dei piedi e l'altro per la purificazione; un grembiule per il Sacerdote, una brocca ed un catino per la lavanda dei piedi; velo omerale bianco.Fuori dal presbiterio: dodici sedie su di un tappeto per la lavanda dei piedi: alla cappella della reposizione: ceri accesi e fiori.
Come si struttura la celebrazione e come si serve La Messa procede regolarmente fino al termine dell'omelia: dopo che il Sacerdote si è tolto la casula e si è messo un grembiule. si svolge il rito della lavanda dei piedi. I ministranti aiutano il Sacerdote a reggere la brocca, la bacinella e l'asciugatoio, terminata la lavanda dei piedi, dopo aver lavato le mani al Sacerdote (portare: brocca, bacinella con sapone e asciugamani pulito), la Messa procede regolarmente fino alla fine dei riti di comunione, quando si depone la pisside con l'Eucaristia, non nel tabernacolo, ma sull'altare. A questo punto il Sacerdote incensa il Santissimo (portare: turibolo e navicella), si pone sulle spalle del celebrante il velo omerale e si dà inizio alla processione fino alla cappella della reposizione. Ci si dispone in questo ordine: davanti stanno turibolo e navicella, poi la croce con candelieri, segue la gente e, per ultimo, il Sacerdote con il Santissimo. Giunti alla cappella della reposizione, si pone l'Eucaristia nel tabernacolo allestito appositamente, si incensa (portare: turibolo e navicella), si prega qualche minuto in silenzio e si ritorna in sacrestia.
domenica 1 aprile 2012
14 aprile 2012, incontro ministri straordinari dell’eucaristia

L’incontro si svolgerà presso l’hotel delle Rose, Via Fasce n° 2 Cascia, secondo il seguente programma:
• Ore 10,00 arrivi ed accoglienza presso l’Hotel delle Rose – Casa del Pellegrino
• Ore 10,30 Celebrazione delle Lodi
• Ore 10,45 Meditazione sul tema “I Ministri del Rosario nel cammino dell’Eucarestia”
• Ore 12,00 Santa Messa
• Ore 13,00 pranzo
• Ore 14,30 visita al Santuario di Santa Rita
• Ore 15,30 Adorazione Eucaristica
• Ore 17,00 partenze
Le iscrizioni dovranno pervenire in Presidenza Nazionale (presidenza.nazionale@unitalsi.it) entro e non oltre il 31 marzo 2012 per il tramite delle sezioni.
La quota di partecipazione senza pernottamento, comprensiva della cartellina del convegno e del pranzo, è di 35,00 euro a persona; con il pernottamento (dalla cena del 13 aprile al pranzo del 14) la quota è di euro 70,00 a persona in camera doppia o tripla.
Per chi preferisse una camera singola il supplemento è di 10,00 euro a persona per notte.
DOMENICA DELLE PALME 2012

PREGHIERA
Oggi, Gesù, sono in mezzo a quella folla di bambini e di poveri
che ti acclama figlio di Davide e portatore di pace,ripetendo con altre parole ciò che gli angeli cantarono
alla tua nascita qui tra noi sulla terra …
Ah, Signore, Ah, Signore, questa stessa terra che ora dovrà
vederti morire in uno dei peggiori tormenti
e come calice sacro raccoglierà
le tue lacrime, il tuo sudore e il tuo sangue …
Oggi vorrei restare per sempre qui su questa strada
dove ancora mi allietano le speranze di quanti ti acclamano,
mentre Tu sull’asinello degli antichi padri
avanzi regale e benedici la stessa città,
che nel volgere di pochi giorni
ti respingerà, per accogliere solo quell’umanissimo grido
con cui chiamavi dall’abisso tuo Padre.
Lì quel Padre ti accompagnava comunque, per colmarlo fra tre giorni
di irresistibile luce, che come vita riesplose.
Luce che risplendi dalle profondità della terra, riscalda il cuore
di tutti noi, figli degli uomini! Amen! (GM/01/04/12)
Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono soprai loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!».... Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all'assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». Gesù rispose: «Io lo sono! E vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo»… Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra. Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano. Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».
PILLOLE DI PAROLA a cura di Cristina Rossini


DOMENICA DELLE PALME
1 Aprile 2012
MONIZIONE AMBIENTALE
MONIZIONE ALLE LETTURE
1 Aprile 2012
Con questa celebrazione entriamo nella settimana santa, la grande settimana dell’anno liturgico nella quale rivivremo il mistero pasquale della passione, morte e risurrezione del Signore. Questa domenica con i suoi due momenti liturgici preannuncia i due aspetti della Pasqua: l’ingresso di Gesù in Gerusalemme ci anticipa la sua glorificazione, il racconto della passione ci pone davanti l’umiliazione della croce. Entriamo con Gesù in Gerusalemme, entriamo in questa santa settimana per condividere l’umiliazione e la gloria del nostro Salvatore.
La Parola di oggi ci fa incontrare la figura e il mistero del Servo obbediente e sofferente che fa in tutto la volontà di Dio, che non reagisce alla violenza e all’oppressione, che si fa pienamente solidale con gli uomini, che si carica dei loro peccati, che accetta liberamente e per amore la morte infame della croce. Il grande insegnamento della passione di Gesù per tutta l’umanità è il morire per vivere e risorgere, il perdere per guadagnare, il donare per ricevere, tutto questo non è masochismo, ma amore.
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