giovedì 31 ottobre 2013

PILLOLE DI PAROLA a cura di Cristina Rossini



FESTIVITA' DI TUTTI I SANTI
Venerdì Novembre 2013
Colore Liturgico: BIANCO





MONIZIONE AMBIENTALE

Un’unica festa per tutti i Santi, cioè per la Chiesa gloriosa, intimamente unita alla Chiesa ancora pellegrinante. Oggi è una festa di speranza, i santi rappresentano il popolo di Dio che nella vita ha voluto conformarsi alla vita e alla persona di Cristo. Il nostro fine, la nostra vera vocazione è la santità, a cui tutti siamo chiamati, non attraverso opere straordinarie, ma con il compimento della grazia del battesimo.

I Santi sono per noi modelli di vita, la loro silenziosa presenza ci protegge e ci incoraggia.

 MONIZIONE ALLA PRIMA LETTURA
La moltitudine immensa che si presenta davanti all’Agnello, Gesù risorto, in vesti candide rappresenta gli eletti, cioè tutti i battezzati che, grazie al suo sangue, sono stati purificati e, portando il sigillo dell’appartenenza a Dio, nulla può far loro del male.

MONIZIONE ALLA SECONDA LETTURA

L’immenso amore che Dio ha per noi ha fatto si che noi non siamo solo di nome, ma anche di fatto figli suoi. E lo siamo già da ora grazie alla vita divina, alla grazia, ricevuta nel battesimo. Siamo in attesa della manifestazione piena del nostro essere quando, conformati completamente a Dio, lo vedremo non più velato dalle cose terrene, ma viso a viso.

MONIZIONE AL VANGELO

Le beatitudini sono la condizione di gioia che ottiene chi dispone la sua vita allo spirito del Vangelo, facendo la scelta della povertà di cuore, della mitezza, della misericordia, della purezza, della pace, pur nella sofferenza; non cessando di sperare e di essere fedeli a Dio.
Questa è la strada che hanno percorso i Santi, questa è la strada che siamo chiamati a percorrere anche noi.

mercoledì 30 ottobre 2013

domenica 27 ottobre 2013

PILLOLE DI PAROLA a cura di Cristina Rossini


DOMENICA 27 OTTOBRE 2013
TRENTESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Colore Liturgico: VERDE
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

MONIZIONE AMBIENTALE

Anche la liturgia della Parola di oggi ci fa riflettere sul tema della preghiera. In particolare sull’atteggiamento di colui che prega.
Anche il modo di pregare infatti rivela l’autenticità e lo spessore della fede.
La nostra vita nel corso degli anni cambia e si evolve sia fisicamente che intellettualmente, il più delle volte invece spiritualmente rimane, se va bene, allo stato infantile; per impedire questo è necessario fare un bilancio dello stile, delle modalità e della ricchezza della nostra preghiera perché anche il nostro dialogo con Dio possa crescere e maturare insieme a noi.

MONIZIONE ALLA PRIMA LETTURA

Dio è sempre dalla parte del povero, questa è la sua parzialità, che è però massima giustizia.
Lui è sempre pronto a rispondere alla voce dell’oppresso, a quella di chi ha il cuore umile e pentito, alla sete di giustizia e alla sincerità.

MONIZIONE ALLA SECONDA LETTURA

Paolo conclude la sua seconda lettera all’amico Timoteo facendo quasi un bilancio della sua vita giunta ormai al termine.
Paragona il suo percorso terreno ad una battaglia che lui ha combattuto fino in fondo sostenuto solo dalla Grazia di Dio.
Gli rimane la certezza di ricevere quella ricompensa promessa dal Signore a tutti quelli che, come lui, hanno messo la loro vita nelle Sue mani.

MONIZIONE AL VANGELO

Il fariseo e il pubblicano incarnano due modi opposti di pregare e quindi di vivere il rapporto con Dio.
Il centro e il soggetto della preghiera del fariseo è lui stesso, tutte le sue parole riguardano celebrano ed esaltano la sua persona; il pubblicano, invece, non fa altro che mettersi davanti alla grandezza di Dio riconoscendo la sua piccolezza e chiedendo a Lui il perdono.

sabato 26 ottobre 2013

martedì 22 ottobre 2013

lunedì 21 ottobre 2013

mercoledì 16 ottobre 2013

sabato 12 ottobre 2013

PASTORALE DELLA FAMIGLIA


PILLOLE DI PAROLA a cura di Cristina Rossini


VENTOTTESIMA DOMENICA DELL TEMPO ORDINARIO
DOMENICA 13 Ottobre 2013
Colore liturgico: VERDE
 
 
 
 
 
 
MONIZIONE AMBIENTALE
L’orizzonte della salvezza non conosce confini razziali, politici o sociali.
Anzi sono proprio gli ultimi, i rifiutati e gli emarginati negli schemi dei potenti che prendono il primo posto nel regno.
Sono i lebbrosi, fisici e spirituali, che si aprono più generosamente a Dio come una zolla arida alla pioggia fecondatrice.
La chiesa deve essere attenta ai poveri, ai sofferenti e ai rifiutati perché la Parola di Dio in essi non opera solo conforto, ma anche una salvezza piena.

MONIZONE ALLA PRIMA LETTURA

Naamàn è guarito grazie alla fede e all’umiltà con cui ascolta l’invito del profeta a bagnarsi nel fiume Giordano. Quel bagno per lui sarà un vero e proprio battesimo che lo porterà a riconoscere il Dio di Israele come unico e vero Dio. Per parte sua Eliseo non accetta doni per sé, sa di essere solo uno strumento nelle mani della Grazia del Signore.

MONIZIONE SECONDA LETTURA

La sofferenza fa parte del ministero dell’evangelizzazione, Paolo si trova in catene proprio per il Vangelo; tuttavia non si lascia deprimere.
La Parola di Dio non si può incatenare, in più l’apostolo offre il suo dolore per la redenzione di tutti i cristiani. Ancora oggi è un insegnamento per tutti noi.

MONIZIONE AL VANGELO

Dei dieci lebbrosi che incontra Gesù, nove sono guariti, uno solo è salvato.
Questo perché i primi godono del loro nuovo stato senza riconoscere il dono ricevuto; il samaritano, invece, torna indietro per ringraziare e lodare Dio, ritenendolo unico responsabile della sua guarigione.

UNO E TRINO Settimanale Parrocchiale N° 41 del 13 Ottobre 2013


martedì 8 ottobre 2013

VEGLIA VOCAZIONALE





A TUTTI I COMPONENTI DELLA PASTORALE GIOVANILE .







Ciao ragazzi, siete tutti invitati domenica 20 alle 20.45 alla Veglia Vocazionale "Apriti alla Verità e porterai la Luce" presso la chiesa parrocchiale di San Sisto. Insieme al nostro Arcivescovo Mons. Gualtiero Basssetti pregheremo perchè in ognuno di noi si compia il progetto che Dio ha pensato, pregheremo per ringraziare per le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata della nostra diocesi e ci uniremo in preghiera ai seminaristi Marco Briziarelli, Marco Pigoni e Simone Pascarosa che riceveranno il ministero di lettori e al seminarista Lorenzo Perri che riceverà il ministero di accolito! Vi attendiamo tutti per lodare e ringraziare il Signore!!
Diacono Mario

domenica 6 ottobre 2013

sabato 5 ottobre 2013

PAPA FRANCESCO AD ASSISI


4 OTTOBRE 2013-VISITA PASTORALE AD ASSISI
INCONTRO CON I GIOVANI DELL'UMBRIA
PAROLE DEL SANTO PADRE FRANCESCO



Piazzale della Basilica di Santa Maria degli Angeli, Assisi


DOMANDE DEI GIOVANI AL SANTO PADRE
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1. FAMIGLIA: Nicola e Chiara Volpi (Perugia-Città della Pieve)
Noi giovani viviamo in una società dove al centro c'è lo star bene, il divertirsi, il pensare a se stessi. Vivere un matrimonio da giovani cristiani è complesso, aprirsi alla vita è una sfida e un timore frequente. Come coppia giovane sentiamo la gioia di vivere il nostro matrimonio, ma ne sperimentiamo la fatica e le sfide quotidiane. Come la Chiesa ci può aiutare, come i nostri pastori possono sostenerci, quali passi anche noi siamo chiamati a compiere?
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2. LAVORO: Danilo Zampolini (Spoleto-Norcia) e David Girolami (Foligno)
Anche in Umbria la crisi economica generale di questi ultimi anni ha provocato situazioni di disagio e povertà. Il futuro si presenta incerto e minaccioso. Il rischio è di perdere, insieme con la sicurezza economica, anche la speranza. Come deve guardare al futuro un giovane cristiano? Su quali strade impegnarsi per l'edificazione di una società degna di Dio e degna dell'uomo?
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3. VOCAZIONE: Benedetto Fattorini (Orvieto-Todi) e Chiaroli Maria (Terni-Narni-Amelia)
Che cosa fare nella vita? Come e dove spendere i talenti che il Signore mi ha dato?
A volte ci affascina l'idea del sacerdozio o della vita consacrata. Ma subito nasce la paura. E poi, un impegno così: “per sempre”? Come riconoscere la chiamata di Dio? Che cosa consiglia a chi vorrebbe dedicare la vita al servizio di Dio e dei fratelli?
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4. MISSIONE: Luca Nassuato (Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino), Mirko Pierli (Città di Castello) e Petra Sannipoli (Gubbio)
È bello per noi stare qui insieme con Lei e sentire le Sue parole che ci incoraggiano e ci riscaldano il cuore. L'anno della fede che si conclude fra qualche settimana ha riproposto a tutti i credenti l'urgenza dell'annuncio della buona novella. Anche noi vorremmo partecipare a questa avventura entusiasmante. Ma come? Quale può essere il nostro contributo? Che cosa dobbiamo fare?

RISPOSTE DEL SANTO PADRE
 
 
Cari giovani dell’Umbria, buona sera!
Grazie di essere venuti, grazie di questa festa! Davvero, questa è una festa! E grazie per le vostre domande.
Sono contento che la prima domanda sia stata da una giovane coppia. Una bella testimonianza! Due giovani che hanno scelto, hanno deciso, con gioia e con coraggio di formare una famiglia. Sì, perché è proprio vero, ci vuole coraggio per formare una famiglia! Ci vuole coraggio! E la domanda di voi, giovani sposi, si collega a quella sulla vocazione. Che cos’è il matrimonio? E’ una vera e propria vocazione, come lo sono il sacerdozio e la vita religiosa. Due cristiani che si sposano hanno riconosciuto nella loro storia di amore la chiamata del Signore, la vocazione a formare di due, maschio e femmina, una sola carne, una sola vita. E il Sacramento del matrimonio avvolge questo amore con la grazia di Dio, lo radica in Dio stesso. Con questo dono, con la certezza di questa chiamata, si può partire sicuri, non si ha paura di nulla, si può affrontare tutto, insieme!
Pensiamo ai nostri genitori, ai nostri nonni o bisnonni: si sono sposati in condizioni molto più povere delle nostre, alcuni in tempo di guerra, o di dopoguerra; alcuni sono emigrati, come i miei genitori. Dove trovavano la forza? La trovavano nella certezza che il Signore era con loro, che la famiglia è benedetta da Dio col Sacramento del matrimonio, e che benedetta è la missione di mettere al mondo i figli e di educarli. Con queste certezze hanno superato anche le prove più dure. Erano certezze semplici, ma vere, formavano delle colonne che sostenevano il loro amore. Non è stata facile, la vita loro; c’erano problemi, tanti problemi. Ma queste certezze semplici li aiutavano ad andare avanti. E sono riusciti a fare una bella famiglia, a dare vita, a fare crescere i figli.
Cari amici, ci vuole questa base morale e spirituale per costruire bene, in modo solido! Oggi, questa base non è più garantita dalle famiglie e dalla tradizione sociale. Anzi, la società in cui voi siete nati privilegia i diritti individuali piuttosto che la famiglia - questi diritti individuali -, privilegia le relazioni che durano finché non sorgono difficoltà, e per questo a volte parla di rapporto di coppia, di famiglia e di matrimonio in modo superficiale ed equivoco. Basterebbe guardare certi programmi televisivi e si vedono questi valori! Quante volte i parroci – anch’io, alcune volte l’ho sentito – sentono una coppia che viene a sposarsi: “Ma voi sapete che il matrimonio è per tutta la vita?”. “Ah, noi ci amiamo tanto, ma… rimarremo insieme finché dura l’amore. Quando finisce, uno da una parte e l’altro dall’altra”. E’ l’egoismo: quando io non sento, taglio il matrimonio e mi dimentico di quell’“una sola carne”, che non può dividersi. E’ rischioso sposarsi: è rischioso! E’ quell’egoismo che ci minaccia, perché dentro di noi tutti abbiamo la possibilità di una doppia personalità: quella che dice: “Io, libero, io voglio questo…”, e l’altra che dice: “Io, me, mi, con me, per me …”. L’egoismo sempre, che torna e non sa aprirsi agli altri. L’altra difficoltà è questa cultura del provvisorio: sembra che niente sia definitivo. Tutto è provvisorio. Come ho detto prima: mah, l’amore, finché dura. Una volta ho sentito un seminarista – bravo – che diceva: “Io voglio diventare prete, ma per dieci anni. Dopo ci ripenso”. E’ la cultura del provvisorio, e Gesù non ci ha salvato provvisoriamente: ci ha salvati definitivamente!
Ma lo Spirito Santo suscita sempre risposte nuove alle nuove esigenze! E così si sono moltiplicati nella Chiesa i cammini per fidanzati, i corsi di preparazione al Matrimonio, i gruppi di giovani coppie nelle parrocchie, i movimenti familiari… Sono una ricchezza immensa! Sono punti di riferimento per tutti: giovani in ricerca, coppie in crisi, genitori in difficoltà con i figli e viceversa. Ci aiutano tutti! E poi ci sono le diverse forme di accoglienza: l’affido, l’adozione, le case-famiglia di vari tipi… La fantasia – mi permetto la parola – la fantasia dello Spirito Santo è infinita, ma è anche molto concreta! Allora vorrei dirvi di non avere paura di fare passi definitivi: non avere paura di farli. Quante volte ho sentito mamme che mi dicono: “Ma, Padre, io ho un figlio di 30 anni e non si sposa: non so cosa fare! Ha una bella fidanzata, ma non si decide”. Ma, signora, non gli stiri più le camicie! E’ così! Non avere paura di fare passi definitivi, come quello del matrimonio: approfondite il vostro amore, rispettandone i tempi e le espressioni, pregate, preparatevi bene, ma poi abbiate fiducia che il Signore non vi lascia soli! Fatelo entrare nella vostra casa come uno di famiglia, Lui vi sosterrà sempre.
La famiglia è la vocazione che Dio ha scritto nella natura dell’uomo e della donna, ma c’è un’altra vocazione complementare al matrimonio: la chiamata al celibato e alla verginità per il Regno dei cieli. E’ la vocazione che Gesù stesso ha vissuto. Come riconoscerla? Come seguirla? E’ la terza domanda che mi avete fatto. Ma qualcuno di voi può pensare: ma questo vescovo, che bravo! Abbiamo fatto la domanda e ha le risposte tutte pronte, scritte! Io ho ricevuto le domande alcuni giorni fa. Per questo le conosco. E vi rispondo con due elementi essenziali su come riconoscere questa vocazione al sacerdozio o alla vita consacrata. Pregare e camminare nella Chiesa. Queste due cose vanno insieme, sono intrecciate. All’origine di ogni vocazione alla vita consacrata c’è sempre un’esperienza forte di Dio, un’esperienza che non si dimentica, la si ricorda per tutta la vita! E’ quella che ha avuto Francesco. E questo noi non lo possiamo calcolare o programmare. Dio ci sorprende sempre! E’ Dio che chiama; però è importante avere un rapporto quotidiano con Lui, ascoltarlo in silenzio davanti al Tabernacolo e nell’intimo di noi stessi, parlargli, accostarsi ai Sacramenti. Avere questo rapporto familiare con il Signore è come tenere aperta la finestra della nostra vita perché Lui ci faccia sentire la sua voce, che cosa vuole da noi. Sarebbe bello sentire voi, sentire qui i preti presenti, le suore… Sarebbe bellissimo, perché ogni storia è unica, ma tutte partono da un incontro che illumina nel profondo, che tocca il cuore e coinvolge tutta la persona: affetto, intelletto, sensi, tutto. Il rapporto con Dio non riguarda solo una parte di noi stessi, riguarda tutto. E’ un amore così grande, così bello, così vero, che merita tutto e merita tutta la nostra fiducia. E una cosa vorrei dirla con forza, specialmente oggi: la verginità per il Regno di Dio non è un “no”, è un “sì”! Certo, comporta la rinuncia a un legame coniugale e ad una propria famiglia, ma alla base c’è il “sì”, come risposta al “sì” totale di Cristo verso di noi, e questo “sì” rende fecondi.
Ma qui ad Assisi non c’è bisogno di parole! C’è Francesco, c’è Chiara, parlano loro! Il loro carisma continua a parlare a tanti giovani nel mondo intero: ragazzi e ragazze che lasciano tutto per seguire Gesù sulla via del Vangelo.
Ecco, Vangelo. Vorrei prendere la parola “Vangelo” per rispondere alle altre due domande che mi avete fatto, la seconda e la quarta. Una riguarda l’impegno sociale, in questo periodo di crisi che minaccia la speranza; e l’altra riguarda l’evangelizzazione, il portare l’annuncio di Gesù agli altri. Mi avete chiesto: che cosa possiamo fare? Quale può essere il nostro contributo?
Qui ad Assisi, qui vicino alla Porziuncola, mi sembra di sentire la voce di san Francesco che ci ripete: “Vangelo, Vangelo!”. Lo dice anche a me, anzi, prima a me: Papa Francesco, sii servitore del Vangelo! Se io non riesco ad essere un servitore del Vangelo, la mia vita non vale niente!
Ma il Vangelo, cari amici, non riguarda solo la religione, riguarda l’uomo, tutto l’uomo, riguarda il mondo, la società, la civiltà umana. Il Vangelo è il messaggio di salvezza di Dio per l’umanità. Ma quando diciamo “messaggio di salvezza”, non è un modo di dire, non sono semplici parole o parole vuote come ce ne sono tante oggi! L’umanità ha veramente bisogno di essere salvata! Lo vediamo ogni giorno quando sfogliamo il giornale, o sentiamo le notizie alla televisione; ma lo vediamo anche intorno a noi, nelle persone, nelle situazioni; e lo vediamo in noi stessi! Ognuno di noi ha bisogno di salvezza! Soli non ce la facciamo! Abbiamo bisogno di salvezza!  Salvezza da che cosa? Dal male. Il male opera, fa il suo lavoro. Ma il male non è invincibile e il cristiano non si rassegna di fronte al male. E voi giovani, volete rassegnarvi di fronte al male, alle ingiustizie, alle difficoltà? Volete o non volete? [I giovani rispondono: No!] Ah, va bene. Questo piace! Il nostro segreto è che Dio è più grande del male: ma questo è vero! Dio è più grande del male. Dio è amore infinito, misericordia senza limiti, e questo Amore ha vinto il male alla radice nella morte e risurrezione di Cristo. Questo è il Vangelo, la Buona Notizia: l’amore di Dio ha vinto! Cristo è morto sulla croce per i nostri peccati ed è risorto. Con Lui noi possiamo lottare contro il male e vincerlo ogni giorno. Ci crediamo o no? [I giovani rispondono: Sì!] Ma questo ‘sì’ deve andare nella vita! Se io credo che Gesù ha vinto il male e mi salva, devo seguire Gesù, devo andare sulla strada di Gesù per tutta la vita.
Allora il Vangelo, questo messaggio di salvezza, ha due destinazioni che sono legate: la prima, suscitare la fede, e questa è l’evangelizzazione; la seconda, trasformare il mondo secondo il disegno di Dio, e questa è l’animazione cristiana della società. Ma non sono due cose separate, sono un’unica missione: portare il Vangelo con la testimonianza della nostra vita trasforma il mondo! Questa è la via: portare il Vangelo con la testimonianza della nostra vita.
Guardiamo Francesco: lui ha fatto tutt’e due queste cose, con la forza dell’unico Vangelo. Francesco ha fatto crescere la fede, ha rinnovato la Chiesa; e nello stesso tempo ha rinnovato la società, l’ha resa più fraterna, ma sempre col Vangelo, con la testimonianza. Sapete che cosa ha detto Francesco una volta ai suoi fratelli? “Predicate sempre il Vangelo e se fosse necessario, anche con le parole!”. Ma, come? Si può predicare il Vangelo senza le parole? Sì! Con la testimonianza! Prima la testimonianza, dopo le parole! Ma la testimonianza!
Giovani dell’Umbria: fate così anche voi! Oggi, nel nome di san Francesco, vi dico: non ho né oro, né argento da darvi, ma qualcosa di molto più prezioso, il Vangelo di Gesù. Andate con coraggio! Con il Vangelo nel cuore e tra le mani, siate testimoni della fede con la vostra vita: portate Cristo nelle vostre case, annunciatelo tra i vostri amici, accoglietelo e servitelo nei poveri. Giovani, date all’Umbria un messaggio di vita, di pace e di speranza! Potete farlo!
Recita del Padre Nostro e Benedizione
E per favore, vi chiedo: pregate per me!

PAPA FRANCESCO AD ASSISI

VENERDI 4 OTTOBRE 2013

ORE 11,00-SANTA MESSA
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Piazza San Francesco, Assisi
            
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11,25).
Pace e bene a tutti! Con questo saluto francescano vi ringrazio per essere venuti qui, in questa Piazza, carica di storia e di fede, a pregare insieme.
Oggi anch’io, come tanti pellegrini, sono venuto per rendere lode al Padre di tutto ciò che ha voluto rivelare a uno di questi “piccoli” di cui ci parla il Vangelo: Francesco, figlio di un ricco commerciante di Assisi. L’incontro con Gesù lo portò a spogliarsi di una vita agiata e spensierata, per sposare “Madonna Povertà” e vivere da vero figlio del Padre che è nei cieli. Questa scelta, da parte di san Francesco, rappresentava un modo radicale di imitare Cristo, di rivestirsi di Colui che, da ricco che era, si è fatto povero per arricchire noi per mezzo della sua povertà (cfr 2 Cor 8,9). In tutta la vita di Francesco l’amore per i poveri e l’imitazione di Cristo povero sono due elementi uniti in modo inscindibile, le due facce di una stessa medaglia.        
Che cosa testimonia san Francesco a noi, oggi? Che cosa ci dice, non con le parole – questo è facile – ma con la vita?
1. La prima cosa che ci dice, la realtà fondamentale che ci testimonia è questa: essere cristiani è un rapporto vitale con la Persona di Gesù, è rivestirsi di Lui, è assimilazione a Lui.
Da dove parte il cammino di Francesco verso Cristo? Parte dallo sguardo di Gesù sulla croce. Lasciarsi guardare da Lui nel momento in cui dona la vita per noi e ci attira a Lui. Francesco ha fatto questa esperienza in modo particolare nella chiesetta di san Damiano, pregando davanti al crocifisso, che anch’io oggi potrò venerare. In quel crocifisso Gesù non appare morto, ma vivo! Il sangue scende dalle ferite delle mani, dei piedi e del costato, ma quel sangue esprime vita. Gesù non ha gli occhi chiusi, ma aperti, spalancati: uno sguardo che parla al cuore. E il Crocifisso non ci parla di sconfitta, di fallimento; paradossalmente ci parla di una morte che è vita, che genera vita, perché ci parla di amore, perché è l’Amore di Dio incarnato, e l’Amore non muore, anzi, sconfigge il male e la morte. Chi si lascia guardare da Gesù crocifisso viene ri-creato, diventa una «nuova creatura». Da qui parte tutto: è l’esperienza della Grazia che trasforma, l’essere amati senza merito, pur essendo peccatori. Per questo Francesco può dire, come san Paolo: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo» (Gal 6,14).
Ci rivolgiamo a te, Francesco, e ti chiediamo: insegnaci a rimanere davanti al Crocifisso, a lasciarci guardare da Lui, a lasciarci perdonare, ricreare dal suo amore.
2. Nel Vangelo abbiamo ascoltato queste parole: «Venite a me, voi tutti, che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,28-29).
Questa è la seconda cosa che Francesco ci testimonia: chi segue Cristo, riceve la vera pace, quella che solo Lui, e non il mondo, ci può dare. San Francesco viene associato da molti alla pace, ed è giusto, ma pochi vanno in profondità. Qual è la pace che Francesco ha accolto e vissuto e ci trasmette?  Quella di Cristo, passata attraverso l’amore più grande, quello della Croce. E’ la pace che Gesù Risorto donò ai discepoli quando apparve in mezzo a loro (cfr Gv 20,19.20).
La pace francescana non è un sentimento sdolcinato. Per favore: questo san Francesco non esiste! E neppure è una specie di armonia panteistica con le energie del cosmo… Anche questo non è francescano! Anche questo non è francescano, ma è un’idea che alcuni hanno costruito! La pace di san Francesco è quella di Cristo, e la trova chi “prende su di sé” il suo “giogo”, cioè il suo comandamento: Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato (cfr Gv 13,34; 15,12). E questo giogo non si può portare con arroganza, con presunzione, con superbia, ma solo si può portare con mitezza e umiltà di cuore.
Ci rivolgiamo a te, Francesco, e ti chiediamo: insegnaci ad essere “strumenti della pace”, della pace che ha la sua sorgente in Dio, la pace che ci ha portato il Signore Gesù.
3. Francesco inizia il Cantico così: “Altissimo, onnipotente, bon Signore… Laudato sie… cun tutte le tue creature” (FF, 1820). L’amore per tutta la creazione, per la sua armonia! Il Santo d’Assisi testimonia il rispetto per tutto ciò che Dio ha creato e come Lui lo ha creato, senza sperimentare sul creato per distruggerlo; aiutarlo a crescere, a essere più bello e più simile a quello che Dio ha creato. E soprattutto san Francesco testimonia il rispetto per tutto, testimonia che l’uomo è chiamato a custodire l’uomo, che l’uomo sia al centro della creazione, al posto dove Dio - il Creatore - lo ha voluto. Non strumento degli idoli che noi creiamo! L’armonia e la pace! Francesco è stato uomo di armonia, uomo di pace. Da questa Città della Pace, ripeto con la forza e la mitezza dell’amore: rispettiamo la creazione, non siamo strumenti di distruzione! Rispettiamo ogni essere umano: cessino i conflitti armati che insanguinano la terra, tacciano le armi e dovunque l’odio ceda il posto all’amore, l’offesa al perdono e la discordia all’unione. Sentiamo il grido di coloro che piangono, soffrono e muoiono a causa della violenza, del terrorismo o della guerra, in Terra Santa, tanto amata da san Francesco, in Siria, nell’intero Medio Oriente, in tutto il mondo.
Ci rivolgiamo a te, Francesco, e ti chiediamo: ottienici da Dio il dono che in questo nostro mondo ci sia armonia, pace e rispetto per il Creato!
Non posso dimenticare, infine, che oggi l’Italia celebra san Francesco quale suo Patrono. E do gli auguri a tutti gli italiani, nella persona del Capo del governo, qui presente. Lo esprime anche il tradizionale gesto dell’offerta dell’olio per la lampada votiva, che quest’anno spetta proprio alla Regione Umbria. Preghiamo per la Nazione italiana, perché ciascuno lavori sempre per il bene comune, guardando a ciò che unisce più che a ciò che divide.
Faccio mia la preghiera di san Francesco per Assisi, per l’Italia, per il mondo: «Ti prego dunque, o Signore Gesù Cristo, padre delle misericordie, di non voler guardare alla nostra ingratitudine, ma di ricordarti sempre della sovrabbondante pietà che in [questa città] hai mostrato, affinché sia sempre il luogo e la dimora di quelli che veramente ti conoscono e glorificano il tuo nome benedetto e gloriosissimo nei secoli dei secoli. Amen» (Specchio di perfezione, 124: FF, 1824).


venerdì 4 ottobre 2013

PAPA FRANCESCO AD ASSISI

4 OTTOBRE 2013-VISITA PASTORALE AD ASSISI
INCONTRO CON IL CLERO, PERSONE DI VITA CONSACRATA
E MEMBRI DI CONSIGLI PASTORALI
DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO


Cattedrale di San Rufino, Assisi

Cari fratelli e sorelle della Comunità Diocesana, buon pomeriggio!
Vi ringrazio per la vostra accoglienza, sacerdoti, religiosi e religiose, laici impegnati nei consigli pastorali! Quanto sono necessari, i consigli pastorali! Un Vescovo non può guidare una diocesi senza i consigli pastorali. Un parroco non può guidare la parrocchia senza i consigli pastorali. Questo è fondamentale! Siamo nella Cattedrale! Qui si conserva il fonte battesimale dove san Francesco e santa Chiara furono battezzati, che in quel tempo si trovava nella Chiesa di Santa Maria. La memoria del Battesimo è importante! Il Battesimo è la nostra nascita come figli della Madre Chiesa. Io vorrei farvi una domanda: chi di voi sa il giorno del suo Battesimo? Pochi! Pochi… Adesso, compiti a casa! Mamma, papà, dimmi: quando sono stato battezzato? Ma, è importante, perché è il giorno della nascita come figlio di Dio. Un solo Spirito, un solo Battesimo, nella varietà dei carismi e dei ministeri. Che grande dono essere Chiesa, far parte del Popolo di Dio! Tutti siamo il Popolo di Dio. Nell’armonia, nella comunione delle diversità, che è opera dello Spirito Santo, perché lo Spirito Santo è l’armonia e fa l’armonia: è un dono di Lui, e dobbiamo essere aperti a riceverlo!
Il Vescovo è custode di questa armonia. Il Vescovo è custode di questo dono dell’armonia nella diversità. Per questo il Papa Benedetto ha voluto che l’attività pastorale nelle Basiliche papali francescane sia integrata in quella diocesana. Perché lui deve fare l’armonia: è il suo compito, è il suo dovere e la sua vocazione. E lui ha un dono speciale per farla. Sono contento che stiate camminando bene su questa strada, con beneficio di tutti, collaborando insieme con serenità, e vi incoraggio a continuare. La Visita pastorale che si è da poco conclusa e il Sinodo diocesano che state per celebrare sono momenti forti di crescita per questa Chiesa, che Dio ha benedetto in modo particolare. La Chiesa cresce, ma non è per fare proselitismo: no, no! La Chiesa non cresce per proselitismo. La Chiesa cresce per attrazione, l’attrazione della testimonianza che ognuno di noi da al Popolo di Dio.
Ora, brevemente, vorrei sottolineare alcuni aspetti della vostra vita di Comunità. Non voglio dirvi cose nuove, ma confermarvi in quelle più importanti, che caratterizzano il vostro cammino diocesano.
1. La prima cosa è ascoltare la Parola di Dio. La Chiesa è questo: la comunità – lo ha detto il Vescovo – la comunità che ascolta con fede e con amore il Signore che parla. Il piano pastorale che state vivendo insieme insiste proprio su questa dimensione fondamentale. E’ la Parola di Dio che suscita la fede, la nutre, la rigenera. E’ la Parola di Dio che tocca i cuori, li converte a Dio e alla sua logica che è così diversa dalla nostra; è la Parola di Dio che rinnova continuamente le nostre comunità…
Penso che tutti possiamo migliorare un po’ su questo aspetto: diventare tutti più ascoltatori della Parola di Dio, per essere meno ricchi di nostre parole e più ricchi delle sue Parole. Penso al sacerdote, che ha il compito di predicare. Come può predicare se prima non ha aperto il suo cuore, non ha ascoltato, nel silenzio, la Parola di Dio? Via queste omelie interminabili, noiose, delle quali non si capisce niente. Questo è per voi! Penso al papà e alla mamma, che sono i primi educatori: come possono educare se la loro coscienza non è illuminata dalla Parola di Dio, se il loro modo di pensare e di agire non è guidato dalla Parola; quale esempio possono dare ai figli? Questo è importante, perché poi papà e mamma si lamentano: “questo figlio …” Ma tu, che testimonianza gli hai dato? Come gli hai parlato? Della Parola di Dio o della parola del telegiornale? Papà e mamma devono parlare già della Parola di Dio! E penso ai catechisti, a tutti gli educatori: se il loro cuore non è riscaldato dalla Parola, come possono riscaldare i cuori degli altri, dei bambini, dei giovani, degli adulti? Non basta leggere le Sacre Scritture, bisogna ascoltare Gesù che parla in esse: è proprio Gesù che parla nelle Scritture, è Gesù che parla in esse. Bisogna essere antenne che ricevono, sintonizzate sulla Parola di Dio, per essere antenne che trasmettono! Si riceve e si trasmette. E’ lo Spirito di Dio che rende vive le Scritture, le fa comprendere in profondità, nel loro senso vero e pieno! Chiediamoci, come una delle domande verso il Sinodo: che posto ha la Parola di Dio nella mia vita, la vita di ogni giorno? Sono sintonizzato su Dio o sulle tante parole di moda o su me stesso? Una domanda che ognuno di noi deve farsi.
2. Il secondo aspetto è quello del camminare. E’ una delle parole che preferisco quando penso al cristiano e alla Chiesa. Ma per voi ha un senso particolare: state entrando nel Sinodo diocesano, e fare “sinodo” vuol dire camminare insieme. Penso che questa sia veramente l’esperienza più bella che viviamo: far parte di un popolo in cammino, in cammino nella storia, insieme con il suo Signore, che cammina in mezzo a noi! Non siamo isolati, non camminiamo da soli, ma siamo parte dell’unico gregge di Cristo che cammina insieme.
Qui penso ancora a voi preti, e lasciate che mi metta anch’io con voi. Che cosa c’è di più bello per noi se non camminare con il nostro popolo? E’ bello! Quando io penso a questi parroci che conoscevano il nome delle persone della parrocchia, che andavano a trovarli; anche come uno mi diceva: “Io conosco il nome del cane di ogni famiglia”, anche il nome del cane, conoscevano! Che bello che era! Che cosa c’è di più bello? Lo ripeto spesso: camminare con il nostro popolo, a volte davanti, a volte in mezzo e a volte dietro: davanti, per guidare la comunità; in mezzo, per incoraggiarla e sostenerla; dietro, per tenerla unita perché nessuno rimanga troppo, troppo indietro, per tenerla unita, e anche per un’altra ragione: perché il popolo ha “fiuto”! Ha fiuto nel trovare nuove vie per il cammino, ha il “sensus fidei”, che dicono i teologi. Che cosa c’è di più bello? E nel Sinodo ci deve essere anche che cosa lo Spirito Santo dice ai laici, al Popolo di Dio, a tutti.
Ma la cosa più importante è camminare insieme, collaborando, aiutandosi a vicenda; chiedersi scusa, riconoscere i propri sbagli e chiedere perdono, ma anche accettare le scuse degli altri perdonando – quanto è importante questo! Alle volte penso ai matrimoni che dopo tanti anni si separano. “Eh… no, non ci intendiamo, ci siamo allontanati ”. Forse non hanno saputo chiedere scusa a tempo. Forse non hanno saputo perdonare a tempo. E sempre, ai novelli sposi, io do questo consiglio: “Litigate quanto volete. Se volano i piatti, lasciateli. Ma mai finire la giornata senza fare la pace! Mai!”. E se i matrimoni imparano a dire: “Ma, scusa, ero stanco”, o soltanto un gestino: è questa la pace; e riprendere la vita il giorno dopo. Questo è un bel segreto, e questo evita queste separazioni dolorose. Quanto è importante camminare uniti, senza fughe in avanti, senza nostalgie del passato. E mentre si cammina si parla, ci si conosce, ci si racconta gli uni agli altri, si cresce nell’essere famiglia. Qui chiediamoci: come camminiamo? Come cammina la nostra realtà diocesana? Cammina insieme? E che cosa faccio io perché essa cammini veramente insieme? Io non vorrei entrare qui nell’argomento delle chiacchiere, però voi sapete che le chiacchiere dividono sempre!
3. Dunque: ascoltare, camminare, e il terzo aspetto è quello missionario: annunciare fino alle periferie. Anche questo l’ho preso da voi, dai vostri progetti pastorali. Il Vescovo ne ha parlato, recentemente. Ma voglio sottolinearlo, anche perché è un elemento che ho vissuto molto quando ero a Buenos Aires: l’importanza di uscire per andare incontro all’altro, nelle periferie, che sono luoghi, ma sono soprattutto persone in situazioni di vita speciale. E’ il caso della diocesi che avevo prima, quella di Buenos Aires. Una periferia che mi faceva tanto male, era trovare nelle famiglie di classe media, bambini che non sapevano farsi il Segno della Croce. Ma, questa è una periferia! E io vi domando: qui, in questa diocesi, ci sono bambini che non sanno farsi il Segno della Croce? Pensateci. Queste sono vere periferie esistenziali, dove Dio non c’è.
In un primo senso, le periferie di questa diocesi, per esempio, sono le zone della Diocesi che rischiano di essere ai margini, fuori dai fasci di luce dei riflettori. Ma sono anche persone, realtà umane di fatto emarginate, disprezzate. Sono persone che magari si trovano fisicamente vicine al “centro”, ma spiritualmente sono lontane.
Non abbiate paura di uscire e andare incontro a queste persone, a queste situazioni. Non lasciatevi bloccare da pregiudizi, da abitudini, rigidità mentali o pastorali, dal famoso “si è sempre fatto così!”. Ma si può andare alle periferie solo se si porta la Parola di Dio nel cuore e si cammina con la Chiesa, come san Francesco. Altrimenti portiamo noi stessi, non la Parola di Dio, e questo non è buono, non serve a nessuno! Non siamo noi che salviamo il mondo: è proprio il Signore che lo salva!
Ecco, cari amici, non vi ho dato ricette nuove. Non le ho, e non credete a chi dice di averle: non ci sono. Ma ho trovato nel cammino della vostra Chiesa aspetti belli e importanti che vanno fatti crescere e voglio confermarvi in essi. Ascoltate la Parola, camminate insieme in fraternità, annunciate il Vangelo nelle periferie! Il Signore vi benedica, la Madonna vi protegga, e san Francesco vi aiuti tutti a vivere la gioia di essere discepoli del Signore! Grazie.