domenica 29 marzo 2009

MEDITIAMO INSIEME

Lunedì 30 marzo Gv 8,1-11 Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. Ma all'alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”. Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?”. Ed essa rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù le disse: “Neanch'io ti condanno; và e d'ora in poi non peccare più”. Signore, troppo spesso mi ritrovo con le mani chiuse che stringono pietre pronte da scagliare contro i miei fratelli. Troppo spesso i miei pugni si serrano forte con la rabbia di chi pensa di aver capito tutto e la presunzione di chi vuole giudicare. Troppo spesso non capisco che quelle pietre che stringo tra le mani sono così pesanti perché sono i miei stessi peccati. Signore, oggi depongo nelle tue mani le mie pietre perché tu le trasformi e me le riconsegni: allora potrò spargere nel mondo i semi della tua tenerezza! La notte non è mai così nera come prima dell'alba, ma poi l'alba sorge sempre a cancellare il buio della notte. (R. Battaglia)

UNO E TRINO n°13 del 29 Marzo

V DOMENICA DI QUARESIMA ANNO B

Grado della Celebrazione: DOMENICA
Colore liturgico: Viola
PILLOLE DI PAROLA
a cura di Cristna Rossini
MONIZIONE AMBIENTALE
L’ora e l’esaltazione ci presentano i due versanti della Pasqua che si avvicina. Essa è passione e gloria, è umiliazione e glorificazione, è Calvario e cielo, è tenebre e luce, è morte e risurrezione. Come nel Cristo, anche nel cristiano i segni della passione, la paura della morte, le sofferenze della croce devono sempre essere accompagnati dalla speranza nella vita, nella gloria e nella risurrezione che ci attendono, sulla scia della promessa di Gesù: " Dove soni io, là sarà anche il mio servo".
MONIZIONE ALLA PRIMA LETTURA
Il testo di Geremia propone in modo ardito il superamento dell’antico Patto sinaitico e la nascita di una Nuova Alleanza con il Signore. Cristo stesso rievocherà la promessa di Geremia nell’ultima cena, quando definirà la coppa pasquale del vino come il Calice della Nuova Alleanza.
MONIZIONE ALLA SECONDA LETTURA
Nella lettera agli Ebrei la passione è descritta secondo la categoria del sacrificio, è un’offerta totale di se stesso, un’offerta combattuta, un’offerta sofferta, un’offerta che è però sostenuta da una profonda adesione alla volontà del Padre. Questo sacrificio della vita umana di Cristo è accolto da Dio che lo trasforma in gloria e risurrezione. L’obbedienza diventa la radice della glorificazione e della nostra salvezza.
MONIZIONE AL VANGELO
L’evangelisa Giovanni chiama ORA quell’istante fondamentale in cui Cristo elevato da terra attira tutti e sé, a quest’ora può accedere tutta l’umanità, emblematicamente rappresentata da quei greci che a Gerusalemme desiderano vedere Gesù. Lui per farsi conoscere insegna loro la piccola parabola del seme che muore, che contiene uno dei contrasti più tragici dell’esistenza umana, quello tra vita e morte. Quel seme che muore è Gesù, e la morte anche se è tenebra e lacerazione, con Cristo acquista la forza vitale di un parto, racchiude in sé un mistero di fecondità e di risurrezione.

sabato 28 marzo 2009

MEDITIAMO INSIEME

Domenica 29 marzo Gv 12,20-33 Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c'erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli chiesero:”Signore, vogliamo vedere Gesù”. Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose: “È giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo. In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà. Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora! Padre, glorifica il tuo nome”. Venne allora una voce dal cielo: “L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!”. La folla che era presente e aveva udito diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: “Un angelo gli ha parlato”. Rispose Gesù: “Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”. Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire. In questi giorni di Quaresima siamo invitati a raccoglierci nel nostro intimo e a confrontarci coi grandi temi dell'esistenza, col tema della morte in primo luogo. Anche tu, Gesù, hai guardato con occhio triste alla grande prova che ti aspettava, ma per un momento solo. Poi la profonda fiducia nella forza vivificatrice della morte e l'abbandono alla volontà divina ti hanno sorretto. Gesù, fa che approfondendo le tue parole si senta sempre più il calore del tuo abbraccio in ogni momento della nostra esistenza, e più che mai quando saremo chiamati al nostro addio alla vita terrena. Ciò di cui l'uomo ha bisogno in certi momenti di sconforto non è di un altro grido di dolore, ma di una voce più forte della sua che gli restituisca il coraggio. (R. Battaglia)

venerdì 27 marzo 2009

MEDITIAMO INSIEME

Sabato 28 marzo Gv 7,40-53 All'udire queste parole, alcuni fra la gente dicevano: “Questi è davvero il profeta!”. Altri dicevano: “Questi è il Cristo”. Altri invece dicevano: “Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice forse la Scrittura che il Cristo verrà dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide?”. E nacque dissenso tra la gente riguardo a lui. Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno gli mise le mani addosso. Le guardie tornarono quindi dai sommi sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: “Perché non lo avete condotto?”. Risposero le guardie: “Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo!”. Ma i farisei replicarono loro: “Forse vi siete lasciati ingannare anche voi? Forse gli ha creduto qualcuno fra i capi, o fra i farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!”. Disse allora Nicodèmo, uno di loro, che era venuto precedentemente da Gesù: “La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?”. Gli risposero: “Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea”. E tornarono ciascuno a casa sua. Nel mio tentativo di credere in Te anch’io mi chiedo: “Chi sei tu Gesù?” La ragione non trova risposte; ti prego allora di toccare il mio cuore perché anch’io impari a fidarmi e ad affidarmi a Te. Amen Non andare fuori, ritorna in te stesso, la verità risiede nell'intimo dell'uomo. (S. Agostino)

giovedì 26 marzo 2009

MEDITIAMO INSIEME

Venerdì 27 marzo Gv 7,1-2.10.25-30 Dopo questi fatti Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più andare per la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo. Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, detta delle Capanne. Ma andati i suoi fratelli alla festa, allora vi andò anche lui; non apertamente però: di nascosto. Intanto alcuni di Gerusalemme dicevano: “Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov'è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia”. Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: “Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure io non sono venuto da me e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io però lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato”. Allora cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora. Gesù, tu che non hai avuto timore di essere impopolare nell’annunciare il tuo messaggio fa che anche noi siamo capaci di annunciarlo nella sua interezza senza ridurlo per renderlo più accettabile a coloro a cui lo proponiamo. Rendici capaci di mostrare a quelli che incontriamo il volto del Padre che ci hai rivelato e insegnaci a riconoscerti nelle nostre giornate così come ci vieni incontro, senza la pretesa di decidere noi come Tu devi mostrarti. La sofferenza nasce quando ti scontri con la realtà, quando la tua falsità si scontra con la verità. (A. De Mello)

mercoledì 25 marzo 2009

MEDITIAMO INSIEME

Giovedì 26 marzo Gv 5,31-47 In quel tempo Gesù disse ai Giudei: “Se fossi io a render testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera; ma c'è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende è verace. Voi avete inviato messaggeri da Giovanni ed egli ha reso testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché possiate salvarvi. Egli era una lampada che arde e risplende, e voi avete voluto solo per un momento rallegrarvi alla sua luce. Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me. Ma voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto, e non avete la sua parola che dimora in voi, perché non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza. Ma voi non volete venire a me per avere la vita. Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma io vi conosco e so che non avete in voi l'amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste. E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo? Non crediate che sia io ad accusarvi davanti al Padre; c'è già chi vi accusa, Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza. Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me; perché di me egli ha scritto. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?”. Le parole che rivolgi ai Giudei, Signore, ci fanno sentire la tua sofferenza di fronte alla loro “dura cervice” e, a volte, anche alla nostra. E' la parola del Padre, al Battesimo nel Giordano, e sul monte della Trasfigurazione, che ti rende testimonianza; sono le opere che compi: accogli i peccatori, guarisci i malati, chiami a conversione, ma chi non vuole vedere non vede, chi non vuole ascoltare non sente. Proprio come ci comportiamo noi, tante volte, verso di Te. “IO VI CONOSCO E SO CHE NON AVETE IN VOI L'AMORE DI DIO”. E' una parola dura che non vorremmo sentire rivolta a noi, che ci crediamo buoni cristiani e tuoi testimoni, perché alla domenica andiamo a Messa e qualche volta preghiamo anche in casa. Facci capire Signore che non dobbiamo testimoniare a nostro favore, ma ogni giorno dobbiamo essere tuoi testimoni dove viviamo. Testimoniando Te possiamo aiutare anche i nostri fratelli perché, come diceva Paolo VI: ”IL MONDO DI OGGI HA BISOGNO PIU' DI TESTIMONI CHE DI MAESTRI”. E così sia Signore! La verità non aiuta a soffrire meno, ma ci mostra i limiti del dolore. (J. Rostand)

martedì 24 marzo 2009

MEDITIAMO INSIEME

Mercoledì 25 marzo Lc 1,26-38 Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”. A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”. Allora Maria disse all'angelo: “Come è possibile? Non conosco uomo”. Le rispose l'angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio”. Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. E l'angelo partì da lei. Ave o Maria, Madre Santa,Tu che hai saputo accoglieresenza esitazione il Cristo,aiutami ad ascoltare la voce del tuo Figlio,aiutami a mettere da parte il mio "io"per poter dire con fiducia:o Signore, fammi conoscere le tue vie! La verità non danneggia mai una causa giusta. (Gandhi)

lunedì 23 marzo 2009

MEDITIAMO INSIEME

Martedì 24 marzo Gv 5,1-3.5-16Vi fu poi una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.V'è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina, chiamata in ebraico Betzaetà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato.Gesù vedendolo disteso e, sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: “Vuoi guarire?”.Gli rispose il malato: “Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l'acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me”. Gesù gli disse: “Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina”.E sull'istante quell'uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare. Quel giorno però era un sabato.Dissero dunque i Giudei all'uomo guarito: “È sabato e non ti è lecito prender su il tuo lettuccio”.Ma egli rispose loro: “Colui che mi ha guarito mi ha detto: Prendi il tuo lettuccio e cammina”.Gli chiesero allora: “Chi è stato a dirti: Prendi il tuo lettuccio e cammina?”.Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, essendoci folla in quel luogo.Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: “Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio”. Quell'uomo se ne andò e disse ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei cominciarono a perseguitare Gesù, perché faceva tali cose di sabato. Signore, sono l’uomo infermoche necessita del Tuo aiuto,che non comprende Chi lo aiuta,ma comprende che seguire il Tuo volereè indispensabile per vivere meglio.Non importa il luogo o l’ora,se è un momento “lecito” o no,ti chiedo solo dicontinuare ad essermi accantosostenendomi nelle responsabilitàche “allontanano il peccato”.Aiutami anche a non “incasellare”i momenti dedicati a Te ed al prossimo,ma viverli ogni giorno della mia vita. A volte l'uomo inciampa nella verità, ma nella maggior parte dei casi, si rialza e continua per la sua strada. (W. Churchill)

MEDITIAMO INSIEME

Lunedì 23 marzo Gv 4,43-54 Trascorsi due giorni, partì di là per andare in Galilea. Ma Gesù stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria. Quando però giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero con gioia, poiché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme durante la festa; anch'essi infatti erano andati alla festa. Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafarnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per morire. Gesù gli disse: “Se non vedete segni e prodigi, voi non credete”. Ma il funzionario del re insistette:”Signore, scendi prima che il mio bambino muoia”. Gesù gli risponde: “Và, tuo figlio vive”. Quell'uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: “Tuo figlio vive!”. S'informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: “Ieri, un'ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato”. Il padre riconobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva detto: “Tuo figlio vive” e credette lui con tutta la sua famiglia.Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea. Un segno della Tua presenza,Signore,lo chiedo nell'angosciama mi serve nell'ordinario.Ho visto un segnoforte e grandioso,vedo tanti piccoli segnidella tua grandezza,so che tu ci sei e non ho paura. Non si entra nella verità se non per la carità. (S. Agostino)

domenica 22 marzo 2009

MEDITIAMO INSIEME

Domenica 22 marzo Gv 3,14-21 In quel tempo Gesù disse a Nicodemo: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.” Signore Gesù, rendi la nostra volontà libera dai condizionamenti del peccato e del mondo perché impari ad ascoltare la Parola che salva e a rinunciare a quanto ostacola il cammino della conversione. Crea in noi, Signore, il silenzio per ascoltare la tua voce, penetra nei nostri cuori con la forza della tua Parola, perché alla luce della tua sapienza possiamo valutare le cose terrene ed eterne, e diventare liberi e poveri per il tuo regno, testimoniando al mondo che Tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace. Amen. Chi cerca la verità cerca Dio, che lo sappia o no. (E. Stein)

Quarta Domenica di Quaresima-Anno B

Grado della Celebrazione: DOMENICA
Colore liturgico: Viola o Rosaceo
PILLOLE DI PAROLA
a cura di Cristina Rossini
MONIZIONE AMBIENTALE
Giovanni Paolo II nella sua enciclica Dives in Misericordia al n.7 dice: “Credere nel Figlio crocifisso significa credere che l’amore è presente nel mondo e che questo amore è più potente di ogni genere di male in cui l’uomo, l’umanità e il mondo sono coinvolti”. Celebrare la Pasqua è celebrare la speranza nella misericordia divina. È la rinascita dell’ottimismo in noi stessi e negli uomini. MONIZIONE ALLA PRIMA LETTURA
Quella che sentiremo proclamare è la pagina finale del Libro delle Cronache, nell’epilogo della vicenda d’Israele possiamo trovare la chiave di lettura di tutta la nostra storia. L’uomo spesso porta a Dio solo un pesante bagaglio di infedeltà. Ma a questa miseria Dio non risponde solo con l’ira e la vendetta, ma fa balenare la speranza del perdono perché l’ultima sua Parola non è la morte ma la vita. MONIZIONE ALLA SECONDA LETTURA
Nella tradizionale prospettiva paolina, l’uomo nuovo non subisce solo nua parziale restaurazione attraverso la fede e la Grazia, ma è completamente trasformato in Cristo così da risuscitare con Lui e da sedere con Lui nei cieli. Questa grazia sovrana di Dio che ci strappa dal nostro male e dalla morte ci avvia verso un ideale di vita totalmente nuovo. Paolo delinea il futuro di giustizia che l’uomo salvato potrà compiere ed attuare. MONIZIONE AL VANGELO
Da un lato c’è il mondo che non crede ed è condannato, dall’altro il mondo che crede ed è salvato. Attorno a questi due versanti si organizza l’umanità intera, dice Gesù nel dialogo notturno con Nicodemo. Cristo è la discriminante , ma è anche il segno vivo dell’amore del Padre che vuole che il mondo si salvi per mezzo di lui. Cristo è innalzato sulla croce come un condannato, ma è proprio questa elevazione in croce la radice della nostra salvezza. LITURGIA DELLA PAROLA a cura di :Proclamare la Parola.it Prima lettura - Audio 2Cr 36,14-16.19-23 Con l’esilio e la liberazione del popolo si manifesta l’ira e la misericordia del Signore.
Dal secondo libro delle Cronache
In quei giorni,/ tutti i capi di Giuda,/ i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà,/ imitando in tutto gli abomini degli altri popoli,/ e contaminarono il tempio,/ che il Signore si era consacrato a Gerusalemme.// Il Signore,/ Dio dei loro padri,/ mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli,/ perché aveva compassione del suo popolo/ e della sua dimora.// Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio,/ disprezzarono le sue parole/ e schernirono i suoi profeti/ al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine,/ senza più rimedio.// Quindi/ [i suoi nemici] incendiarono il tempio del Signore,/ demolirono le mura di Gerusalemme/ e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi/ e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi.// Il re [dei Caldèi]/ deportò a Babilonia gli scampati alla spada,/ che divennero schiavi suoi e dei suoi figli/ fino all’avvento del regno persiano,/ attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremìa:/ «Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati,/ essa riposerà per tutto il tempo della desolazione/ fino al compiersi di settanta anni».// Nell’anno primo di Ciro,/ re di Persia,/ perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremìa,/ il Signore suscitò lo spirito di Ciro,/ re di Persia,/ che fece proclamare per tutto il suo regno,/ anche per iscritto:/ «Così dice Ciro,/ re di Persia:/ “Il Signore,/ Dio del cielo,/ mi ha concesso tutti i regni della terra.// Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme,/ che è in Giuda.// Chiunque di voi appartiene al suo popolo,/ il Signore,/ suo Dio,/ sia con lui e salga!”».
Salmo responsoriale Sal 136
Rit.: Il ricordo di te, Signore, è la nostra gioia. Lungo i fiumi di Babilonia, là sedevamo e piangevamo ricordandoci di Sion. Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre.
Perché là ci chiedevano parole di canto coloro che ci avevano deportato, allegre canzoni, i nostri oppressori: «Cantateci canti di Sion!».
Come cantare i canti del Signore in terra straniera? Se mi dimentico di te, Gerusalemme, si dimentichi di me la mia destra.
Mi si attacchi la lingua al palato se lascio cadere il tuo ricordo, se non innalzo Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia.
Seconda lettura - Audio Ef 2,4-10
Morti per le colpe, siamo stati salvati per grazia.
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni
Fratelli,/ Dio,/ ricco di misericordia,/ per il grande amore con il quale ci ha amato,/ da morti che eravamo per le colpe,/ ci ha fatto rivivere con Cristo:/ per grazia siete salvati.// Con lui ci ha anche risuscitato/ e ci ha fatto sedere nei cieli,/ in Cristo Gesù,/ per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia/ mediante la sua bontà verso di noi/ in Cristo Gesù.// Per grazia infatti siete salvati mediante la fede;/ e ciò non viene da voi,/ ma è dono di Dio;/ né viene dalle opere,/ perché nessuno possa vantarsene.// Siamo infatti opera sua,/ creati in Cristo Gesù per le opere buone,/ che Dio ha preparato/ perché in esse camminassimo.
Vangelo - Audio Gv 3,14-21
Dio ha mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

sabato 21 marzo 2009

Settimana Missionaria

PARROCCHIA DI:
CHIUGIANA-ELLERA OLMO E FONTANA
(Perugia)
Missione dal 30/3 al 5/4/2009 PROGRAMMA
LUNEDI’ 30 marzo 2009
Ore 9.00 Arrivo dei Missionari Ore 11.00 Visita alla Scuola dell’Infanzia di Ellera. Ore 16.00-19.00 Benedizione delle famiglie (1 Missionario) Ore 16,30 – 20,00 Gruppo “Post-Cresima” a Chiugiana Ore 18.00 S. Messa a Chiugiana Ore 21.00 CELEBRAZIONE PENITENZIALE PER GIOVANI MARTEDÌ 31 marzo
Ore 7.00 Lodi ad Olmo Ore 7,30 S. Messa ad Olmo Ore 9.00-12.00 Benedizione delle Famiglie (3 Missionari) Ore16.00-19.00 Benedizione delle Famiglie (1 Missionario) Ore 17.00 VIA CRUCIS per Ragazzi dalla Chiesa al Cimitero di Chiugiana Ore 18.00 S. Messa a Chiugiana MERCOLEDI’ 1 aprile
Ore 7.00 Lodi ad Olmo Ore 7,30 S. Messa ad Olmo Ore 9.00-12.00 Benedizione delle Famiglie (3 Missionari) Ore16.00-19.00 Benedizione delle Famiglie (1 Missionario) Ore 18.00 S. Messa a Chiugiana Ore 21.00 CENTRO DI ASCOLTO della Parola di Dio in Chiesa a Chiugiana per tutti. GIOVEDI’ 2 aprile
Ore 7.00 Lodi ad Olmo Ore 7,30 S. Messa ad Olmo Ore 9.00-12.00 Benedizione delle Famiglie (3 Missionari) Ore 15.00 Chiesa di Olmo.Esposizione del SS.mo Sacramento.
ADORAZIONE fino alle ore 23.00 Ore 16.00-19.00 Benedizione delle Famiglie (1 Missionario) Ore 21.00 Chiesa di Olmo. Rosario e Adorazione guidata. VENERDI’ 3 aprile
Ore 7.00 Lodi ad Olmo Ore 7,30 S. Messa ad Olmo Ore 9.00-12.00 Benedizione delle Famiglie (3 Missionari) Ore 16.00-19.00 Benedizione delle Famiglie (1 Missionario) Ore 17.00 Chiesa di Olmo: Via Crucis per tutti. Ore 18.00 S. Messa a Chiugiana Ore 21.00 CELEBRAZIONE PENITENZIALE (Confessioni) per adulti SABATO 4 aprile
Ore 7.00 Lodi ad Olmo Ore 7,30 S. Messa ad Olmo Ore 9.00-12.00 Benedizione delle Famiglie (3 Missionari) Ore 15.00 CONFESSIONE RAGAZZI in due Gruppi. 1) Chiesa di Olmo: Gruppo “Emmaus” e Gruppo “Pentecoste” 2) Chiesa di Chiugiana: Gruppo “Cenacolo”. Ore 18.00 Messa delle Palme a Fontana. DOMENICA delle Palme -5 aprile Ore 8,30 S. Messa a Chiugiana Ore 10.00 S. Messa a Olmo. Ore 11,30 S. Messa a Chiugiana

MEDITIAMO INSIEME

Sabato - 21 marzo 2009 Os 6,1-6; Sal 50 - Tu gradisci, o Dio, gli umili di cuore Lc 18,9-14 9 Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: 10 «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. 11 Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12 Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. 13 Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. 14 Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato». Meditiamo Tra i vari moventi della preghiera dobbiamo mettere tra i primi posti da una parte la consapevolezza della nostra estrema povertà e dell'altra la certezza che colui che invochiamo è in grado di soccorrerci. Tutto ciò sgorga essenzialmente dalle tre virtù teologali, che ci orientano verso Dio: la fede, la speranza e la carità. Tutte le virtù cristiane sono però correlate tra loro, per cui le individuiamo subito un'altra, che costituisce un indispensabile supporto a quelle menzionate: l'umiltà. Essere umili significa riconoscere ciò che siamo, riconoscere con la migliore gratitudine i doni di Dio, riconoscere nella sua verità sia il bene di cui siamo capaci, sia il male di cui siamo responsabili. Sono queste le migliori premesse della preghiera. I due protagonisti del vangelo odierno si contrappongono nettamente offrendoci l'uno una bella testimonianza di preghiera autentica, l'altro un cattivo esempio di umana presunzione. Il fariseo infatti fa vanto delle sue azioni e, pur ringraziando Dio, le attribuisce a se stesso. La sua, più che una preghiera, è un soliloquio di auto gratificazione. Con un giudizio assolutamente personale, si ritiene migliore degli altri uomini, migliore anche del pubblicano, che guarda con sufficienza e disprezzo. Più che pregare, egli ci da l'impressione di chi sta presentando al Signore le proprie credenziali; non ha nulla da chiedere, ha solo da offrire, con palese orgoglio, la sua presunta giustizia. Com'è diverso l'atteggiamento del vero orante: il pubblicano, riconoscendosi peccatore, si tiene a doverosa distanza da Dio e, in una serena mortificazione, non osa neanche di levare gli occhi verso il cielo, verso la dimora del Dio altissimo. Si riconosce reo di peccato e, mosso da sincero pentimento, si batte il petto e implora la misericordia divina: «O Dio, abbi pietà di me, peccatore». È illuminate per noi la conclusione che Gesù trae al termine della parabola: «Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato». Abbiamo una evidente e pressante alternativa: o accettare ed adeguarci alle sfide innumerevoli che il mondo ci lancia e in questo caso l'orgoglio è sicuramente l'arma più efficace, o fidarci di Dio e affidarci a lui come umili mendicanti, ma stracolmi di fiducia in lui.

giovedì 19 marzo 2009

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Venerdì - 20 marzo 2009 Os 14,2-10; Sal 80 - Signore, tu hai parole di vita eterna Mc 12, 28-34 28 Allora si accostò uno degli scribi che li aveva uditi discutere, e, visto come aveva loro ben risposto, gli domandò: "Qual è il primo di tutti i comandamenti?". 29 Gesù rispose: "Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; 30 amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. 31 E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi". 32 Allora lo scriba gli disse: "Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v'è altri all'infuori di lui; 33 amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici". 34 Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: "Non sei lontano dal regno di Dio". E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo. Meditiamo Insieme Rileggiamo oggi le bellissime parole di Gesù, che costituiscono la definizione di tutto il Vangelo e di tutta la religione. Bisogna riconoscere che siamo di fronte alla su­blimità della Rivelazione cristiana. Dobbiamo an­che riconoscere che, se la vita di ciascuno di noi consistesse anche solo nel semplice sforzo di rea­lizzare questi due comandi, ma lasciandosene com­pletamente prendere e affascinare, noi saremmo santi, e il mondo sarebbe salvo. D'altronde, chi ci dà questi comandi è DIO, os­sia Colui che ci conosce, sa che cosa può chiederci, e, quando ci chiede qualche cosa, ci fornisce l'ab­bondante forza per viverla. Ciò che Dio ci chiede è l'amore, null'altro che l'amore. Essere amato da noi, che significa in real­tà essere ricambiato da noi per il continuo e gran­dissimo amore che egli per primo nutre nei nostri riguardi. Questa è una religione piena di fascino: non una religione di emozioni, ma la religione di una relazione seria, profonda, che assorbe tutta la nostra capacità di amare, perché amare non è altro che definire, decidere chi è l'indispensabile per noi, Colui cioè che darà la vita, Colui che darà la luce, Colui che darà il senso all'esistenza che abbiamo. Tutti, in realtà, non cerchiamo che questo: la cosa o la persona a cui poter dire: « Tu sei indi­spensabile per me! Tu sei il mio senso nella vita!... ». Ma questa frase è giustificata soltanto se rivolta a Dio. E Dio ci propone: « Tu mi amerai con tutto il cuore, la mente e le forze ». Chissà perché a molti uomini, a molte donne, che pure credono in Dio, pare così difficile questo comando, che è così pieno di verità, di dolcezza e di potenza? Il motivo è che, per noi credenti, è impegno prioritario; noi sap­piamo che questo è il comando di Dio, e che abbiamo in noi la forza di viverlo. « Mi amerai con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze ». Spesso ci perdiamo nel no­stro amor proprio che non finisce mai di avanzare pretese, di avere paure, di avere ragioni, certo tutte false, per sottrarci alla chiamata dell'amore di Dio. Questo amore investe tutti, proprio perché è divino, e perciò il secondo comando è uguale al primo: « Amerai il tuo prossimo come te stesso ». Pensiamo che cosa sarebbe la vita di tutti noi, nelle famiglie, nei gruppi, nelle comunità, la vita di questo mondo, se solo volessimo provare ad ac­cettare sul serio questo straordinario e straordina­riamente semplice comando di Dio: « Ama gli altri come ami te stesso ». Dio non ci dice che non dobbiamo amare noi stessi. Non ci dice: « Ama gli altri più di te stes­so »; né ci dice: « Odia te stesso », ma con reali­smo sano, con il realismo della felicità per la quale siamo creati, ci dice: « Ama gli altri come ami te stesso ». In questa profonda formula è il segreto della gioia di tutti, perché amare gli altri come amiamo noi stessi, significa desiderare per loro gli stessi beni che noi abbiamo, di qualsiasi genere, non soppor­tare che essi siano meno contenti di noi. Questa è la radice profonda di una società felice. Se credessimo davvero che l'amore risolve ogni sorta di problemi nei rapporti umani! Se credessi­mo davvero che l'amore è l'unico bene che ci manca per essere uomini e donne contenti di vivere in que­sto mondo! Se credessimo davvero che l'amore è capace di costruire una civiltà, una cultura, una convivenza, e che proprio la sua grande assenza ren­de la nostra vita così ricca di morte, di dolore, di incomprensione, di confusione! « Amerai Dio con tutte le tue forze e il prossi­mo come te stesso ». Se ogni credente dedicasse cinque minuti della sua giornata per ripetere queste frasi di Dio, per ri­flettere su queste frasi e lasciare che gli illuminino il cuore, la giornata sarebbe diversa. Perché non lo possiamo fare? Cinque minuti, cinque soli minuti di una lunga giornata, giorno per giorno, dedicati a ripeterci: « Amerai Dio con tutte le forze e il prossimo come te stesso ». La Pa­rola di Dio lascia il suo segno; questa parola entre­rebbe nel cuore, ci farebbe in quel giorno agire in maniera diversa; a poco a poco, trasformerebbe la giornata in amore, cioè in volontà di Dio. Sì, cinque minuti in una giornata per riflettere sul segreto di tutta la vita: di Dio e nostra; ora e sempre.

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Giovedì - 19 marzo 2009 S. Giuseppe - 2Sam 7,4-5a.12-14a.16; Sal 88; Rm 4,13.16-18.22 Tu sei fedele, Signore, alle tue promesse Mt 1,16.18-21.24 Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo. Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo. Meditiamo Oggi, solennità di San Giuseppe, fac­ciamo una riflessione su quest'uomo, così grande e così storicamente sconosciuto, che in qualche mo­do, proprio per la sua grandezza e la sua anonimità, si presenta come un ottimo modello di quello che potremo chiamare (ma in maniera molto positiva), « l'uomo qualunque ». Giuseppe fu veramente co­sì: un uomo che sarebbe passato del tutto insigni­ficante nella storia del suo villaggio e della sua na­zione, se Dio non l'avesse scelto; un uomo che, come tutti gli uomini, si era fatta la sua piccola strada, il suo lavoro, il suo spazio di vita, la sua esperienza di ogni giorno, con le fatiche, il riposo, le piccole soddisfazioni che la vita di un villaggio di quel genere e in quel tempo può dare. Un uomo senza rilievo... Dio scelse un uomo senza rilievo per chiedergli il dono di fargli da padre nella sua nascita, nella sua infanzia e adolescenza, proprio per celebrare la dimensione dell'uomo nella sua semplicità. Dio non scelse un potente, né un re, né un do­minatore, ma un uomo di tutti i giorni, e, nella sua vita, entrò con dei potentissimi affetti: l'amore che legò Giuseppe a Maria sua sposa; l'amore che legò Giuseppe a Gesù, Figlio di Maria. Potentissimi affetti che intrecciavano nel cuore di quest'uomo le motivazioni umane e le motivazioni divine per vivere, poiché Giuseppe intuì la grandezza di Gesù, conobbe in qualche modo la grandiosità del destino di questo piccolo, nato dalla sua sposa Maria che portava in sé tutto il mistero dell'ele­zione di Dio. Egli, nella stretta cerchia di una famiglia (poi­ché di una famiglia qualsiasi si trattò in appa­renza), visse tutta la sua profonda esperienza di uomo religioso totalmente consacrato al divino. Il lavoro, le vicende, il dramma, le paure, la fuga,. l'esilio, la povertà, il ritorno, la vita di ogni gior­no, la morte, di cui nulla sappiamo: ecco una vita che divenne splendente di luce e rimane splendente di luce, proprio perché coloro che la condivisero furono il Dio fatto uomo e sua Madre. È un esempio tipico di come Dio desidera stabi­lire con noi uomini la sua relazione umana. Dia non vuole soltanto il culto, ma vuole un'esistenza familiare con noi. Dio non ci vuole soltanto al ritrovo domenicale. Egli vuole che il nostro amore, la nostra laboriosità, il nostro senso della vita siano così un intreccio di bene, di amore, di benevolenza reciproca tra noi e lui, un vivere veramente la vita di una piccola famiglia, che diventa poi la vita di una grande famiglia umana, nella quale matura una stupenda possibilità di redenzione. Il segreto di Dio è un segreto di famiglia, così egli ha voluto; il custode di Dio è un uomo che sa vivere in una famiglia. La vicenda di Dio è una vi­cenda dove non mancano sorrisi e lacrime, piccoli doni di ogni giorno, fatica scambiata come recipro­co regalo di vita, cura vicendevole e, insomma, tut­to ciò che costituisce l'umile esistenza di un pic­colo nucleo di persone che si vogliono molto bene. Questo va detto, non per ridurre la storia di Dio alla storia di un sentimento ben vissuto tra qual­che persona, ma per far comprendere bene che la vicenda di un Dio che è amore non può che svol­gersi in un clima d'amore. Ecco perché Giuseppe, la creatura semplice as­sunta a questo compito, è emblematica per tutti noi. Essendo l'uomo di tutti i giorni, diventa il modello dell'uomo di tutti i giorni, poiché tutti, giorno per giorno, ci si guadagna il pane quotidiano, si vivono le vicende, liete o tristi della vita, nella maniera più semplice e più modesta. In tutti può brillare una presenza di Cristo, un amore profondo, il senso di una splendida missio­ne. Mi pare sia questa la bellezza di Giuseppe, il grande e umile sconosciuto uomo di cui, tutto con­siderato, conosciamo solo il nome e la sublime mis­sione. Giuseppe è grande nel Regno di Dio. La pre­ghiera a lui rivolta è molto efficace. Egli è inserito ormai in un piano di salvezza nel quale rimane col­locato con gloria e con provvidenza. Cercare di ri­calcare la sua umile vita, seguirla nella vicenda quotidiana, condividere il profondo e tenero amore a Cristo Gesù, a Maria sua sposa; questa è espe­rienza cristiana, è avere il cuore giusto verso Dio e verso gli altri. Proviamo a chiedere a quest'uomo, straordinaria­mente amato nella sua vita ordinaria, straordinaria mente voluto da Dio, il segreto dell'armonia tra il tutto di Dio e la semplice vita di ogni giorno.

mercoledì 18 marzo 2009

MEDITIAMO INSIEME

Mercoledì - 18 marzo 2009 Dt 4,1.5-9; Sal 147 - Benedetto il Signore, gloria del suo popolo Mt 5,17-19 17 Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento. 18 In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. 19 Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. MEDITIAMO Le leggi emanate dagli uomini e destinate a regolare la vita nel mondo, hanno sempre la caratteristica della provvisorietà; cambiano infatti con mutare dei tempi e della situazioni. La legge del Signore è immutabile ed eterna: «In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto». L'unica evoluzione possibile è quella voluta dallo stesso Dio che ne è l'autore. Per questo Gesù, dopo aver proclamato le beatitudini, afferma: «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento». Più che le leggi in se, nella loro fredda formulazione, è lo spirito che deve cambiare, in base alla novità di Cristo. Per molte ragioni si aderisce alla legge o ci si distacca da essa. Ciò che Gesù propone, è un radicale rinnovamento interiore, che trae la sua origine dalla sua venuta e dall'opera che egli sta compiendo per noi. La giustizia solo formale ed esteriore, praticata dagli scribi e dai farisei, indice di un asservimento alla legge, non è più sufficiente. Dall'alto della croce sta per essere scandito un «tutto è compiuto», che instaura le libertà dei figli di Dio, non più schiavi ma liberi, ma capaci di grazia e di amore. Lo stesso Gesù non esiterà a proporci una perfezione assimilata a quella stessa di Dio: «Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». Ora ci è reso possibile l'osservanza dei precetti e dei comandamenti del Signore, perché Cristo ci ha dotati di una legge nuova, che tutte le riassume e le vitalizia: quella dell'amore, quella appunto che è sgorgata dal cuore di Cristo e che ci ha riaperto la via del regno per essere davvero grandi al suo cospetto.

martedì 17 marzo 2009

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Martedì - 17 marzo 2009 Dn 3,25.34-43; Sal 24 - Sàlvaci, Signore, tu che sei fedele Mt 18,21-35 21 Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: "Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?". 22 E Gesù gli rispose: "Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.23 A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. 24 Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. 25 Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. 26 Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. 27 Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. 28 Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! 29 Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. 30 Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.31 Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. 32 Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. 33 Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? 34 E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. 35 Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello". MEDITIAMO Pietro, con i suoi slanci di generosità e le sue grandi paure, ben ci rappresenta quando chiede a Gesù i limiti del perdono, sempre rapportati ai limiti della pazienza. L'espressione fino a sette volte», potrebbe sembrare indice di generosità ed equivale al nostro «quasi sempre». Gesù, pensando alla sua missione e alla sua passione, corregge e toglie ogni limite al perdono: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette». È l'anticipazione del comandamento nuovo, che è confermata dalla parabola che segue. Viene messa sotto i nostri occhi una situazione che suscita immediatamente sdegno per il comportamento assurdo del servo spietato. Un assurdo che, prima della nostra suscettibilità religiosa, offende ed irrita la sensibilità umana: come è possibile ricevere un così grande condono, ottenere tanta pietà e misericordia per un debito così rilevante e poi negarla crudelmente ad un proprio simile, che ci deve solo pochi spiccioli? È proprio vero che il male più sfacciato, prima di offendere Dio offende la nostra intelligenza. È altrettanto vero però che, una volta accecata la coscienza, il male può calarsi negli abissi più profondi. Ci capita infatti di dimenticarci di tutto il bene che abbiamo ricevuto dal buon Dio, di quanto egli ha fatto per noi, dell'incarnazione del Verbo, della sua passione, della sua morte, del condono pieno e totale dei nostri debiti, quando neghiamo misericordia al nostro prossimo. Assumiamo esattamente lo stesso atteggiamento del servo malvagio del Vangelo. Purtroppo capita anche ai così detti buoni cristiani. Non dovremmo mai dimenticarci delle parole che ogni giorno ripetiamo nella nostra preghiera come impegno al Padre: «rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori».

lunedì 16 marzo 2009

MEDITIAMO INSIEME

Martedì 17 marzo - Mt 18,21-35 Allora Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: “Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?”. E Gesù gli rispose: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette. A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello”. Signore, oggi ci parli di perdono. Noi ti chiediamo “Quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me?”, come se il perdono fosse qualcosa da dare con il contagocce, qualcosa da misurare e non sprecare. Ma tu capovolgi il senso del perdono: non c’è misura (settanta volte sette), non ci sono conti da fare, non c’è limite per un cuore capace di amore. Diecimila talenti valgono quanto cento denari, e tu non tieni conto della gravità della colpa, né del numero delle nostre cadute. Signore, Tu che sulla croce hai chiesto al Padre di perdonare chi ti stava uccidendo, insegnaci ad avere un cuore capace di perdono sincero. E ricordaci che nulla di ciò che viene donato va perduto: nessun gesto, nessuno sguardo, nessuna parola di perdono. Il corpo è un indumento sacro. (M. Graham, danzatrice)

domenica 15 marzo 2009

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Lunedì 16 marzo - Lc 4,24-30 In quel tempo, giunto Gesù a Nazaret, disse al popolo radunato nella sinagoga: “Nessun profeta è bene accetto in patria. Vi dico anche: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone. C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro”. All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò. Signore, Tu che ti sei sentito straniero nella Tua terra, Tu che hai subito lo sdegno dei tuoi concittadini, che sei stato cacciato dalla Tua città, aiutami a superare le diversità che sovente esistono tra me e coloro che mi circondano; aiutami a trovare la strada per superare le incomprensioni che incontro ogni giorno. Fa’ che io mi fidi sempre di Te, che la Tua parola sia la mia guida, in modo che io possa camminare, sicura che Tu mi stai accanto in ogni momento. Questo è uno dei privilegi dell’essere umano: la capacità di celebrare Dio. Un canto al giorno, un canto ogni giorno. (A. Heschel)

UNO E TRINO n° 11 del 15 Marzo 2009

sabato 14 marzo 2009

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Domenica 15 marzo - Gv 2,13-25 Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse:”Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato”. I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora. Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: “Quale segno ci mostri per fare queste cose?”. Rispose loro Gesù: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Gli dissero allora i Giudei: “Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?”. Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome. Gesù però non si confidava con loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza su un altro, egli infatti sapeva quello che c'è in ogni uomo. Mio caro buon Gesù, sapessi quanta tristezza anche in questi nostri tempi “moderni”! Quanta delusione proveresti se tu frequentassi la nostra città, il nostro quartiere, la nostra comunità e, perché no, anche la nostra chiesa! Certo non avresti mercanti e animali da scacciare dal tempio, ma quante persone incontreresti dall’animo vuoto, dal cuore arido e indurito, dalla mente sviata e confusa. Uomini e donne che pur avendo conosciuto la tua storia hanno abbandonato le tue vie, hanno tradito i tuoi insegnamenti, hanno rifiutato persino la tua morte di croce. Ma tu, forse, tutte queste cose le conosci! E allora posso solo chiederti questo: porta ancora un po’ di pazienza, continua a donarci la tua sapienza e la tua saggezza, rendici capaci di cogliere i molti segni della tua presenza nella nostra vita quotidiana, continua a mandare in mezzo a noi i tuoi profeti e i tuoi missionari perché predichino e divulghino sempre di più la tua Parola affinché tutti insieme possiamo contribuire a costruire il tuo regno. Stolti e ciechi: che cosa è più grande, l'oro o il tempio che rende sacro l'oro? (Mt 23,17)

venerdì 13 marzo 2009

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Sabato 14 Marzo 2009 Si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano:”Costui riceve i peccatori e mangia con loro”. Allora egli disse loro questa parabola: “Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. Signore, siamo davanti a Te. Ci sentiamo piccoli e limitati, bisognosi sotto ogni aspetto. Tu, Gesù, continui a commuoverti per noi. Piccoli e grandi, vecchi e giovani, ricchi e poveri, tutti noi facciamo ogni giorno esperienza di peccato: siamo fragili nel bene,incostanti nell’amore e nella pazienza, spesso indifferenti ed egoisti. Veniamo a te con grande fiducia. Tu conosci il nostro cuore, inondaci della tua luce! Guarisci la nostra fragilità, facci crescere come autentici figli di Dio. Donaci il coraggio necessario per agire e metti nel nostro cuore l’amore del Padre. Tu sei luce invisibile in questo mondo visibile, e luce visibile al mondo che è invisibile. (S. I. Gabirol)

III DOMENICA DI QARESIMA ANNO B

LITURGIA DELLA PAROLA Grado della Celebrazione: DOMENICA
Colore liturgico: Viola
PILLOLE DI PAROLA
a cura di Cristina Rossini

MONIZIONE AMBIENTALE

La quaresima è la verifica del proprio impegno spirituale non tanto su un modello di santo, ma su Dio stesso. L’ambito in cui verificare noi stessi e in cui alimentare la nostra spiritualità non è il culto in quanto tale, ma il Tempio di Carne, cioè la fede innervata nell’esistenza. Oggi la Parola di Dio ci invita a guardarci dentro, a riconsiderare il nostro rapporto con Lui, a ripensare al rapporto con i fratelli, a rivedere il concetto di Chiesa e a fare pulizia di tutte quelle cose che intralciano la strada tra noi e il Signore. MONIZIONE ALLA PRIMA LETTURA Il Decalogo è la magna carta dell’alleanza sinaitica, lo strumento in cui continuiamo a specchiarci, il testo che ci rivela Dio, il nostro io più profondo e il prossimo. Non siamo di fronte solo ad una serie di nobili norme morali, ma ad un dialogo in cui Dio indica la sua volontà e l’uomo vi aderisce con tutto se stesso in un dialogo in cui si intrecciano la libertà divina e quella umana. MONIZIONE ALLA SECONDA LETTURA Paolo pone al centro del Kerigma cristiano un Dio che scandalosamente vuole essere vicino all’uomo fino a raggiungere il livello più basso: la morte dello schiavo. Il Cristo crocifisso che per alcuni è scandalo, diventa per coloro che credono forza salvifica e sapienza autentica, è proprio in questo atto supremo della libertà e dell’amore di Dio che si attuano la salvezza e la liberazione dell’uomo. MONIZIONE AL VANGELO Si avvicina la Pasqua, Gesù si erge sullo sfondo del Tempio di Gerusalemme brulicante di pellegrini, di animali destinati ai sacrifici e di cambiamonete. Cristo piomba su di loro e compie il gesto simbolico della purificazione di quel luogo dagli interessi economici. Oppone a una religione superficiale umana e interessata la purezza della fede nella sua persona. Dio non può essere presente in un tempio materiale quando è solo un centro di magia e di oscuri interessi. Lui è presente in maniera nuova e perfetta nella Tenda di Carne dell’umanità del Figlio, è Cristo il nuovo Tempio. LETTURE DELLA TERZA DOMENICA DI QUARESIMA a cura di: Proclamare la Parola.it Prima lettura - Audio Es 20,1-17 La legge fu data per mezzo di Mosè.

Dal libro dell’Èsodo

In quei giorni,/ Dio pronunciò tutte queste parole:/ «Io sono il Signore,/ tuo Dio,/ che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto,/ dalla condizione servile:// Non avrai altri dèi di fronte a me.// Non ti farai idolo/ né immagine alcuna/ di quanto è lassù nel cielo,/ né di quanto è quaggiù sulla terra,/ né di quanto è nelle acque sotto la terra.// Non ti prostrerai davanti a loro/ e non li servirai.// Perché io,/ il Signore,/ tuo Dio,/ sono un Dio geloso,/ che punisce la colpa dei padri nei figli/ fino alla terza e alla quarta generazione,/ per coloro che mi odiano,/ ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni,/ per quelli che mi amano/ e osservano i miei comandamenti.// Non pronuncerai invano il nome del Signore,/ tuo Dio,/ perché il Signore non lascia impunito/ chi pronuncia il suo nome invano.// Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo./ Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro;/ ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore,/ tuo Dio:/ non farai alcun lavoro,/ né tu né tuo figlio né tua figlia,/ né il tuo schiavo né la tua schiava,/ né il tuo bestiame,/ né il forestiero che dimora presso di te.// Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare/ e quanto è in essi,/ ma si è riposato il settimo giorno.// Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato/ e lo ha consacrato.// Onora tuo padre e tua madre,/ perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore,/ tuo Dio,/ ti dà.// Non ucciderai.// Non commetterai adulterio.// Non ruberai.// Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo.// Non desidererai la casa del tuo prossimo.// Non desidererai la moglie del tuo prossimo,/ né il suo schiavo né la sua schiava,/ né il suo bue/ né il suo asino,/ né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo».

Salmo responsoriale Sal 18

Rit.: Signore, tu hai parole di vita eterna. La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima; la testimonianza del Signore è stabile, rende saggio il semplice. I precetti del Signore sono retti, fanno gioire il cuore; il comando del Signore è limpido, illumina gli occhi. Il timore del Signore è puro, rimane per sempre; i giudizi del Signore sono fedeli, sono tutti giusti. Più preziosi dell’oro, di molto oro fino, più dolci del miele e di un favo stillante. Seconda lettura - Audio 1Cor 1,22-25

Annunciamo Cristo crocifisso, scandalo per gli uomini, ma, per coloro che sono chiamati, sapienza di Dio.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli,/ mentre i Giudei chiedono segni/ e i Greci cercano sapienza,/ noi invece annunciamo Cristo crocifisso:/ scandalo per i Giudei/ e stoltezza per i pagani;// ma per coloro che sono chiamati,/ sia Giudei che Greci,/ Cristo è potenza di Dio/ e sapienza di Dio.// Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini,/ e ciò che è debolezza di Dio/ è più forte degli uomini.

Vangelo - Audio Gv 2,13-25

Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.